12 Dicembre 2024

Vittoria larga in Emilia Romagna, ribaltata l’Umbria dove governava il centrodestra. Il girone di ritorno della legislatura, che comincia il prossimo anno con sei elezioni regionali, Campania, Veneto, Toscana, Puglia, Marche e Valle d’Aosta, si annuncia però anche più difficile per l’opposizione

Il centrosinistra batte un doppio colpo, finisce bene l’anno e tira un grande sospiro di sollievo. Il girone di andata della legislatura si conclude infatti con un 11 a 3 a vantaggio del centrodestra. Negli ultimi due anni lo schieramento guidato da Giorgia Meloni aveva vinto sempre alle Regionali tranne che in Sardegna nove mesi fa. Ieri invece, proprio come era avvenuto in Sardegna, il cosiddetto «campo largo» è riuscito a riconquistare l’Umbria.
Anche grazie alla scelta di una candidata civica, la sindaca di Assisi Stefania Proietti, non un politico di professione come Andrea Orlando, che invece in Liguria era stato sconfitto poche settimane fa. Al contrario, il potere deve aver logorato il centrodestra, visto che a perdere è stata la governatrice uscente, Donatella Tesei, esponente di un partito, la Lega, che cinque anni fa raggiunse il 37% e ieri si è ristretto all’8%.
Molto più netta, ma anche più prevedibile, la conferma del centrosinistra in Emilia-Romagna, terra di Schlein e Bonaccini, ottenuta in proporzioni anche maggiori di quattro anni fa, quando Salvini sfidò il cinquantennale potere della sinistra e perse. Ma in condizioni comunque difficili, visto che la Regione è stata scossa nel giro di pochi mesi da tre gravi alluvioni, la cui gestione era stata molto attaccata dal centrodestra. Si vede che la candidatura di Michele de Pascale, anche lui sindaco a Ravenna, ha dato garanzie di rinnovamento e convinto l’elettorato. E si vede anche che le derive estremiste, come il corteo di CasaPound a Bologna, danneggiano innanzitutto il centrodestra. Certo che sono impressionanti, per una regione di grande tradizione civica come l’Emilia-Romagna, i dati dell’affluenza elettorale, che sono scesi di più di 20 punti percentuali rispetto all’ultima consultazione, precipitando di nuovo sotto la metà degli aventi diritto.
Il girone di ritorno della legislatura, che comincia il prossimo anno con sei elezioni regionali, Campania, Veneto, Toscana, Puglia, Marche e Valle d’Aosta, si annuncia però anche più difficile per l’opposizione. Fino a ieri Conte sembrava infatti determinato, una volta eliminata l’ipoteca di Grillo e conquistati i poteri assoluti nel Movimento Cinquestelle, a lasciare in frigo per un bel po’ il «campo largo» e provare invece a ricostruire una credibilità elettorale al suo partito tornando alle origini e senza più allearsi con nessuno, nella speranza di rinvigorirne così le radici populiste. Non è affatto detto che il successo del centrosinistra in Emilia e in Umbria — esaltato da Schlein in quanto unitario — gli farà cambiare idea; visto che in entrambe le regioni il suo partito si fa sempre più piccolo, fagocitato dall’alleato Pd in evidente crescita, e ormai troppo più grosso perché Conte possa pretendere di fare accordi tra pari.
Sul 2025 del «campo largo» proietta del resto la sua ombra il caso Campania, visto che Enzo De Luca sembra deciso a correre anche senza da solo e contro il Pd; e se questo accadesse il centro sinistra andrebbe diviso alla battaglia elettorale, rischiando di cedere all’avversario una sua roccaforte.
Per concludere il bilancio della prima metà della legislatura, non si può fare poi a meno di dare uno sguardo anche ai sondaggi che rilevano l’orientamento politico nazionale degli elettori: e lì non ci sono segnali di sostanziale erosione del vantaggio del centrodestra, che resta pressoché immutato, né di cedimento del partito di Giorgia Meloni o della popolarità della premier.
Il centrodestra ha evidenti problemi di qualità della sua classe dirigente, anche locale. Ma si può dire che gli avvenimenti internazionali e interni di questi due anni, per quanto rilevanti, non hanno finora cambiato l’equazione politica italiana: l’opposizione è ancora lontana dal trovare una credibilità politica e programmatica tale da mettere davvero a rischio l’egemonia elettorale del centrodestra.

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