L’accusa di Netanyahu su corpi degli ostaggi e raid. Poi ordina all’esercito: “Colpite duro”. Gli Usa frenano: “Solo scaramucce
L’ordine arriva poco prima del tramonto, direttamente dal premier Netanyahu: colpire Gaza con «attacchi pesanti». I bagliori delle esplosioni segnano la notte di Rafah, Khan Yunis, Gaza City, una sequenza di raid che lasciano sul terreno almeno 9 morti, secondo la Difesa civile palestinese. Una famiglia intera, gli al Banna, è intrappolata sotto le macerie del quartiere Al Sabra, nel nord. A 18 giorni dalla firma dell’accordo per il cessate il fuoco a Sharm el-Sheikh, l’incubo di una guerra mai davvero spenta torna a inseguire i gazawi, che fanno i conti con la miseria, i cadaveri mai recuperati, le macerie che soffocano l’enclave.
La tensione si era alzata già al mattino, quando Israele ha accusato Hamas di aver consegnato i resti di un ostaggio il cui corpo era stato recuperato dai militari nel novembre 2023, quello del giovane Ofir Tzarfati, rapito al Nova festival e ucciso in prigionia. L’Idf diffonde un video in cui si vedono tre persone, in abiti civili ma con il passamontagna, che recuperano dei resti umani e li sotterrano in un’altra buca presentandoli alla Croce Rossa come spoglie di un nuovo ostaggio. La scena, ripresa da un drone dell’Idf, si svolge nel quartiere Shejaiya, che è in parte sotto controllo israeliano. Il premier Netanyahu denuncia una «chiara violazione» dell’accordo di cessate il fuoco, che imponeva ad Hamas di restituire gli ostaggi rimasti a Gaza il prima possibile.
«Falsi pretesti in preparazione di nuove mosse aggressive», rispondono i miliziani. Nel pomeriggio, una fonte anonima dell’Idf riferisce ai giornalisti che Hamas ha teso un’imboscata a una squadra del genio militare israeliano che stava operando a Rafah, anche quella zona sotto controllo dell’Idf. I miliziani avrebbero sparato missili anticarro e tentato di colpire i soldati con cecchini. L’Idf risponde con colpi di artiglieria, il ministro della Difesa Katz annuncia una risposta dura, anche se il gruppo islamista nega responsabilità: «Non abbiamo alcun legame con la sparatoria di Rafah, ribadiamo il nostro impegno a rispettare l’accordo di cessate il fuoco. I violenti attacchi condotti da Israele in tutta la Striscia rappresentano una palese violazione» dell’intesa, contrattacca il movimento islamista che chiede l’intervento dei mediatori.
Ma la risposta del governo Netanyahu ottiene il via libera degli americani, che in Israele tutti considerano i veri garanti della tregua. Il vicepresidente Usa, J.D Vance, si dice sicuro che il cessate il fuoco reggerà, anche se «ciò non significa che non ci saranno piccole scaramucce qua e là». Non si bilancia tuttavia sull’incidente di Rafah: «Sappiamo che Hamas o qualcun altro a Gaza ha attaccato un soldato (israeliano). Ci aspettiamo che gli israeliani reagiranno, ma penso che la pace del presidente resisterà nonostante ciò». Non è la prima volta che la fragile pace di Gaza viene interrotta dalla guerra. Il 18 ottobre, due soldati israeliani erano stati uccisi a Rafah, Israele aveva risposto bombardando decine di obiettivi con «oltre 120 bombe» e facendo più di 40 morti.
Ieri Hamas avrebbe dovuto restituire la salma di un altro ostaggio – ne restano 13 a Gaza – ma ha rimandato. La ricerca dei corpi è diventato il principale ostacolo all’avvio della fase due del piano Trump, che dovrebbe portare al disarmo del gruppo e all’inizio della ricostruzione. Israele ha impedito a specialisti turchi di entrare nell’enclave per aiutare le ricerche, ma ha autorizzato squadre egiziane. I bulldozer del Cairo sono al lavoro a Khan Younis, affiancati da alcuni combattenti armati di Hamas, scavano vicino all’Hamad Housing City, un complesso residenziale finanziato dal Qatar, sotto il quale si presume che siano tunnel con i resti di altri ostaggi.
