13 Dicembre 2024

I toni del ministro dell’Economia salgono ogni giorno di più. Il Superbonus, che già dopo le brutte avvisaglie di agosto gli faceva venire i «mal di pancia», oggi per Giancarlo Giorgetti è diventato «un mostro che ha distrutto le condizioni della finanza pubblica». Di più. Una droga psichedelica, un «Lsd» per i conti dello Stato. «Lassismo, sussidi e debito devono finire!» tuona Giorgetti nell’Aula della Camera, che ieri ha dato via libera al Def. Sempre a causa del Superbonus il deficit 2023 è stato appena rialzato di 4,5 miliardi al 7,4%, il più alto nella Ue, e potrebbe non essere finita qui. Anche le agenzie di rating cominciano a preoccuparsi, e Giorgetti è ormai deciso a mettere il punto definitivo sulla vicenda. Sul decreto che blocca sconti in fattura, cessione dei crediti e lavori non avviati, non accetterà un allargamento delle maglie, ma anzi prepara una nuova stretta. E ha già fatto capire ad alcuni colleghi di governo e ai parlamentari di maggioranza più vicini che non è disposto a compromessi, a costo di mettere in gioco il proprio incarico.
La partita, nel momento in cui ripartono le regole Ue sulla finanza pubblica, è cruciale. Secondo l’agenzia di rating Fitch, il 110% fuori controllo sta spingendo il debito troppo in alto, al 142,3% nel 2027 (ma l’agenzia non esclude una revisione del Pil al rialzo nel 2023), mentre il governo ipotizza il 139,6%. Occorre dunque un intervento «per ridurre il rapporto debito/Pil già nel breve periodo» ripete Giorgetti. Ci si arriverà allungando da 4 a 10 anni il periodo di recupero dei crediti di imposta legati al 110% già in circolazione. Intervento drastico, ma necessario per non deragliare secondo il ministro.
Dei 355 emendamenti presentati al decreto Superbonus in Senato rimarrà, dunque, ben poca cosa. Quelli che puntano ad allentare la stretta, ma che non hanno copertura finanziaria, non saranno neanche esaminati.
Dopo questa scrematura ne resteranno solo una trentina, per i quali andrà verificata, a quel punto, la qualità delle coperture. Molto difficile che se ne trovino di buone. Anche il governo, ora, non ha risorse libere, tanto che ha fatto slittare il bonus sulle tredicesime.
Le priorità dell’esecutivo sono altre. «Bello il 110% che fa schizzare il Pil, ma poi a me mancano i soldi per la sanità, la scuola, la cultura, il sostegno alla natalità, ai redditi bassi, all’occupazione» dice Giorgetti alla Camera. E il quadro delle nuove regole Ue non aiuta: «Non è coerente — dice — con gli investimenti necessari per ambiente, digitale e difesa, anche se è meglio che tornare alle vecchie regole». Per definire gli obiettivi di finanza pubblica occorrerà aspettare le linee guida della Ue a giugno. «L’attesa è meglio dell’incertezza» dice Giorgetti. Ma a lui è già chiaro che nei prossimi anni ci aspetta un percorso durissimo.

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