11 Dicembre 2024

Tra sondaggi e ricordi le contraddizioni e il fascino di una città dove donne e uomini possono realizzare cose incredibili riconoscendosi parte di una comunità. «Oltre le molte soluzioni a disposizione, le strade sicure le fanno le donne che le attraversano, tante, di ogni età, a qualunque ora»

Milano è una città sicura per le ragazze? Per le donne che la abitano e per quelle che la visitano? Prima di esprimere un verdetto — io sono nata in questa città e ci ho vissuto sempre — ho cercato una risposta precisa, documentata, obiettiva… Ho interrogato una app di intelligenza artificiale. L’ho fatto prima in inglese. E sono finita nei siti, come travelladies, che raccolgono le esperienze delle viaggiatrici. In una classifica che va da 0 a 5 punti, il voto a Milano in sicurezza è 4,3 in base a chi l’ha visitata e 4,2 in base ai dati ufficiali del turismo. La notte è giudicata «safe», i mezzi pubblici «very safe», il rischio di molestie stradali «basso», quello di subire agguati dalla piccola criminalità «moderato». «La città mi ha trasmesso fiducia, ora so che posso affrontare il mondo da sola», è il commento di una navigatrice alla sua prima esperienza senza genitori e amici: 5 stelle, piena approvazione. Giudizio confermato da una seconda viaggiatrice: «Sempre in giro, mai in taxi e mai problemi». È andata peggio a una ragazza che dice di essere stata derubata dei soldi in stazione e infastidita più volte, lei e la sorella, da gruppetti di uomini: 2 stelle risicate.
Quale città? Sono gli ultimi tre messaggi che sono stati postati in ordine di tempo, ma il tono medio (favorevole) non cambia risalendo verso il 2023. Ho poi formulato la stessa domanda in italiano. E la curva si è inabissata. Le milanesi dichiarano di non sentirsi sicure. Il 50 per cento dice di percepirsi più o meno «a rischio», contro il 15,6 degli uomini. Evitano, se possono, alcune zone (segnalate anche alle turiste: Giambellino-Lorenteggio, San Siro, Corvetto, via Pichi e via Gola, Lambrate). E il 36,6 per cento rivela di aver deciso di restare sempre in casa la sera, contro l’8,5 di uomini. La notte è «il problema», la sensazione di disagio è pervasiva. Da qui scaturisce «una geografia della paura» fatta di deviazioni, ansia e rinunce. Sulla stessa linea i dati raccolti dalle due fondatrici di Sex & the City, l’associazione che dal 2022 «guarda alla città da un punto di vista di genere». Su 1.670 donne intervistate, quasi il 65 per cento rivela di essere stata aggredita o minacciata e quasi l’8o si sente «spesso insicura» nelle ore di buio. Secondo Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro, difficoltà e pericoli si sommano all’intersezione tra diseguaglianze economiche, non gestione dei flussi migratori, servizi insufficienti. Le città italiane, Milano compresa, confondono inoltre il decoro con la sicurezza: le zone ripulite, «gentrificate», producono spostamenti verso altre aree dove si accumulano i dissesti. Se vai a Berlino, la commistione rappresenta la regola ed è un argine a un’insidiosa mappa a macchia di leopardo.
A questo punto tocca a me. Qual è la mia città? Quella delle turiste, entusiaste, che danno voti sopra la media europea, o quella delle milanesi, critiche, che nelle rilevazioni dei sondaggi si rivelano spaventate?
A Milano io sono cresciuta: in periferia, a sud, nel Quartiere Torretta, che all’inizio degli anni Sessanta era in costruzione e rappresentava un villaggio protetto, come l’ansa riparata di un fiume che poi era il Naviglio Pavese. Ricordando l’arrivo dal Salento alla metropoli, mio padre racconta sempre: «Eravamo una giovane coppia, la mamma ed io, in cerca di un lavoro e di un appartamento, non ho mai temuto di non farcela». Muovendoci da quel cucchiaio di strade, tutte ispirate ai Promessi Sposi, in quinta elementare prendevamo il bus in tre, tre compagne di classe, per andare alle lezioni di danza in via Meravigli. Ci ho riflettuto quando mia figlia si è trovata più o meno nella stessa situazione — e ho misurato quanto si sia contratto il raggio di azione autonoma concesso ai più piccoli. Una spedizione di bambine di 10-11 anni, da sole… Impensabile nel nuovo millennio.
Quando i miei genitori sono stati in grado di comprare casa, ci siamo trasferiti in zona Barona. Quartiere ritenuto a lungo infido, territorio di criminalità storica, ora di rapper e loft. Per noi ragazze e ragazzi — organizzati attorno all’oratorio di Santa Rita — la sensazione era invece di un luogo «nostro». I giardini nei cortili e il parco Teramo, la piazza, i gradini della chiesa. Non esistevano ombre: se uscivi, bastava suonare il citofono e qualcuno sarebbe «sceso».
Ho sognato «il centro» dai tempi delle medie, istituto Luca Beltrami, l’edificio giallo alle spalle di via Torino e via Cappuccio: è una delle zone a cui sono rimasta più affezionata, forse perché ha rappresentato la mia linea d’ombra verso l’età adulta. Come se crescere significasse avanzare, seguire una direzione centripeta… Capisci poi che il piacere della città scaturisce comunque e sempre dall’intimità, dalla semplicità e funzionalità del quartiere. Da quanto ti senti contenuto dalla tua «zona» — la possibilità di incontrare vicini e amici, di chiedere un favore ai negozianti, di fare la spesa passeggiando nel fine settimana. La possibilità, soprattutto, di raggiungere i servizi essenziali di cui hai bisogno in pochi minuti, magari a piedi.
È vero, ci sono molte soluzioni per contrastare l’insicurezza. Trovarle non è neppure difficile e ha senso reclamarle: più illuminazione e telecamere, più locali aperti che facciano da sentinella notturna, più mezzi pubblici fino a tardi, più forze dell’ordine, qualche app geniale sul cellulare come #violawalkhome che ti permette di stare al telefono in videochiamata mentre rientri…

La comunità
Tutto giusto. Ma è ancora più vero che le strade sicure le fanno le donne che le attraversano, tante, di ogni età, a qualunque ora. «Accadono cose incredibili quando le donne si supportano a vicenda», era la scritta su una vetrina di via Mercato, firmata DonneXstrada, sigla no profit che si occupa proprio di violenza domestica e sicurezza urbana. Saranno ancora più incredibili, quelle cose, se donne e uomini si sentiranno parte di una comunità che abita la città, dentro e fuori, prendendosi cura degli spazi e delle persone, riconoscendosi.
Vogliamo essere libere, non coraggiose è la parola d’ordine.

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