16 Novembre 2025

Da settimane si parla della possibilità di estendere la protezione dell’articolo 5 all’Ucraina, ma nel Trattato ci sono anche altri punti fondamentali per la stabilità dei Paesi membri

>Dalla spesa militare alla possibilità di ogni Paese di uscire dalla Nato. Nel Trattato firmato nel 1949, al quale oggi aderiscono trentadue Paesi dopo l’aggiunta di Svezia e Finlandia meno di tre anni fa, ci sono quattordici articoli. Quindi, non soltanto il numero 5, di cui si sta parlando da settimane per la questione dell’Ucraina. Il testo prevede che «un attacco armato contro uno o più membri in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti». Quindi, che ciascuna di esse interverrebbe in aiuto «intraprendendo immediatamente l’azione che giudicherà necessaria, compreso l’uso della forza armata».
La proposta, avanzata anche dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, è quella di estendere l’articolo 5 anche all’Ucraina, in guerra con la Russia. Una questione correlata all’articolo 4: «Le parti – si legge – si consulteranno ogni volta che, nell’opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata».
Oltre a questi, però, ci sono altri punti importanti nel Trattato. A partire da quello successivo, che riguarda i territori che porterebbero ad una reazione collettiva della Nato.
Fino al 1962, erano inseriti anche «i dipartimenti francesi d’Algeria», diventata indipendente il 3 luglio di quell’anno. Ci sono poi «le isole poste sotto la giurisdizione di una delle parti nella regione dell’Atlantico settentrionale a nord del Tropico del Cancro». E ancora, per quanto riguarda forze militari, si fa riferimento a quelle che si trovano nei luoghi citati prima o «in qualsiasi altra regione d’Europa nella quale, alla data di entrata in vigore del presente Trattato, siano stazionate forze di occupazione di una delle parti. O che si trovino nel Mare Mediterraneo o nella regione dell’Atlantico settentrionale a Nord del Tropico del Cancro, o al di sopra di essi».
C’è poi una parte che riguarda la spesa militare, di cui si è discusso quando, lo scorso novembre, Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Più volte ha minacciato i membri della Nato se non avessero speso almeno il 2% del loro Pil per la difesa, arrivando anche a chiedere il 5%. Altrimenti, gli Stati Uniti non avrebbero «mosso un dito» in caso di attacco a un «Paese inadempiente».
L’articolo 3, a proposito, dice che «allo scopo di conseguire con maggiore efficacia gli obiettivi del Trattato», gli alleati devono mantenere e accrescere «la loro capacità individuale e collettiva di resistere ad un attacco armato». Farlo, inoltre, in modo «continuo ed effettivo».
A questo si collega un altro articolo, il tredicesimo. Perché Trump ha ribadito più volte che gli Stati Uniti, se l’Europa non avesse aumentato i budget da destinare alla difesa, sarebbero usciti dalla Nato. Un fatto mai accaduto prima. Ma che, in ogni caso, non potrebbe avvenire nell’immediato. Il Trattato prevede che «una parte può cessare di essere membro un anno dopo che la sua notifica di denuncia sia stata depositata presso il governo degli Stati Uniti d’America, che informerà i governi delle altre parti del deposito di ogni notifica di denuncia».
Infine, altri punti dell’accordo servono a mantenere stabili i rapporti interni. Soprattutto gli articoli 2 e 8. Per il primo, «le parti contribuiranno allo sviluppo di relazioni internazionali pacifiche e amichevoli» e «si sforzeranno di eliminare ogni contrasto nelle loro politiche economiche internazionali e incoraggeranno la cooperazione economica tra ciascuna di loro o tra tutte». Un’ultima parte che si collega al secondo, che «obbliga a non sottoscrivere alcun impegno internazionale in contrasto» col Trattato.

A.N.D.E.
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