16 Novembre 2025

Il Pil è fermo. Dopo due trimestri consecutivi di stagnazione, l’economia resta bloccata nella «sindrome dello zerovirgola». Cinque riforme da fare

L’Istat ha pubblicato ieri le stime della crescita del Pil nel terzo trimestre di quest’anno: crescita zero rispetto al secondo trimestre, quando pure il dato era stato deludente (- 0,1%). Questi dati impongono una riflessione sulla strategia per uscire dalla sindrome dello «zerovirgola».
Prima di proseguire, un invito a non minimizzare il problema. Qualcuno dirà che i dati sul Pil non convincono: l’Istat ha negli ultimi anni sempre rivisto verso l’alto le stime iniziali e l’occupazione continua a crescere. Tutto vero. Ma le revisioni compiute dall’Istat in passato non sono comunque di entità tale da cambiare il quadro complessivo. Quanto all’occupazione, cresce, ma rallenta ed è spinta dai bassi salari ancora ora dell’8% sotto il livello di inizio 2021. In ogni caso, se cresce l’occupazione e il Pil non cresce, non credo si possa essere felici: creiamo lavoro a bassa produttività, con un calo della produttività media totale. Altri diranno che anche la Germania cresce poco. Vero anche questo: il suo Pil è restato fermo, come il nostro, nel terzo trimestre e, visti i legami tra la nostra economia e quella tedesca, questo ci ha svantaggiato. Ma il resto dell’Eurozona mostra una vivacità superiore alla nostra che non può essere spiegata solo dai nostri legami con la Germania. E non è questione solo dei dati più recenti.
La crescita cumulata dell’Italia negli ultimi sette trimestri (cioè da inizio 2024) è stata dello 0,7% (in quasi due anni!) contro il 2,2% dell’Eurozona. Ci ha battuto pure la Francia (1,5%), nonostante il suo caos politico, per non parlare del resto del Sud Europa: la Grecia sta al 3,5%, il Portogallo al 3,9%, la Spagna al 5,7%. Questi tre Paesi, come noi, avevano perso terreno rispetto al resto d’Europa nei primi vent’anni del secolo, ma loro recuperano rapidamente, noi no.
Non si dia la colpa di questi risultati alla prudenza di Giorgetti: la Spagna ha un deficit pubblico più basso del nostro, mentre Grecia e Portogallo hanno raggiunto addirittura il pareggio di bilancio. Il governo fa bene a continuare il (lento) processo di aggiustamento dei conti pubblici. Ma occorre capire che la stabilità dei conti è una condizione necessaria per la crescita, non una condizione sufficiente. Le misure modeste del bilancio 2026 non cambieranno la situazione, vista la loro limitata portata.
Occorre invece una strategia di medio periodo per rendere l’Italia un Paese dove è più facile fare attività d’impresa perché, come ha detto Giorgia Meloni nel suo discorso di richiesta della fiducia nell’ottobre 2022 sono le imprese che creano la ricchezza. Servono pochi punti essenziali e non una pletora di obiettivi. Ne indico cinque, per i quali la Spagna sta chiaramente davanti a noi. Primo, un taglio della pressione fiscale: quella spagnola è al 36%, la nostra quasi al 43% e per ridurla serve una massiccia revisione della spesa per trovare ampie coperture permanenti (non le tasse sulle banche e lo spostamento dei fondi del Pnrr usati nel bilancio 2026). Secondo, un drastico taglio alla burocrazia. Una proposta concreta: se la Zes nel Sud funziona così bene perché non estenderla a tutta Italia? Sarebbe un buon inizio. Terzo, ridurre ulteriormente i tempi della giustizia: non ho nulla contro la separazione delle carriere ma non serve a ridurre i tempi dei processi civili (si sono ridotti ma la Spagna sta a 3 anni di durata, noi a 5 anni e mezzo). Quarto, il costo dell’energia: bene il disegno di legge sul nucleare, ma non possiamo aspettare la costruzione di nuovi centrali per ridurre i nostri costi rispetto alla Spagna. Quinto, occorre creare un flusso regolare di migranti (ripeto regolare perché in Italia si deve entrare solo col permesso di lavoro). Più della metà delle imprese italiane ha difficoltà ad assumere e non per mancanza di competenza, ma proprio per mancanza di persone. Bene i sussidi per la natalità ma, anche ammettendo che abbiano effetto, non possiamo aspettare che i nuovi nati crescano.
Di fronte a questi risultati inviterei tutti ad abbandonare le polemiche politiche. Non penso che l’attuale opposizione avrebbe fatto meglio in termini di crescita economica. Le grandi riforme di cui il Paese ha bisogno non sono ancora state fatte. Forse per farle occorre un mandato elettorale che nessuno ha mai richiesto. Non sta a me dirlo. Ma senza riforme radicali non vedo come possiamo uscire dall’anemia economica che continua a caratterizzarci.

A.N.D.E.
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