13 Dicembre 2024

II Ministero della Cultura di Lubiana insiste perché la toponomastica sia tutta bilingue in rigida applicazione del bilinguismo di legge 

«In sloveno come si chiamava Piazza Duomo?» «Piazza Duomo». In quella che per i greci fu Aegida, per i romani Capris, Caprista, Caput Histriae, per i bizantini Giustinopoli, per i veneziani Capodistria e per gli sloveni Koper è in atto un dialogo tra sordi. Di qua c’è il Ministero della Cultura di Lubiana che insiste perché la toponomastica sia tutta bilingue in rigida applicazione del bilinguismo di legge per quel territorio un tempo a maggioranza italiana, di là i capodistriani-koprani che, guidati da un sindaco sloveno ma consapevole della storia, insistono a spiegare (per ora invano) che è insensato tradurre meccanicamente antichi toponimi allora non usati. Un’operazione di iper-rivendicazione nazionalista non dissimile (Oggi! Quando tutto è cambiato e siamo tutti europei) da quella compiuta dai fascisti in Alto Adige traducendo centinaia di toponimi tedeschi, tipo Huhnerspiel in Cima Gallina. Il rispetto del bilinguismo, in realtà, a Capodistria c’è. E lo dimostra proprio quella che un tempo si chiamava Piazza Duomo dov’è la veneziana Cattedrale dell’Assunta e oggi si chiama «Titov Trg / Piazza Tito».
Qual è dunque il problema? Che sotto la targa col toponimo ufficiale esiste, dove c’è una tradizione che la giustifichi, una seconda placca col nome che avevano nei tempi più remoti. E non quelli mussoliniani: quelli dell’impero austro-ungarico che subentrò alla Repubblica di Venezia. Un’insegna culturale, in colori e caratteri diversi come i cartelli turistici. Esempio: la via dedicata a un patriota sloveno, «Tumova Ulica / Calle Henrik Tuma», che riportava su una tabella diversa «Calle dei Tacco», famiglia che diede il nome a Palazzo Belgramoni-Tacco sede oggi del museo cittadino, con la scritta bilingue (più inglese) «nekdanya / già / formerly». Più chiaro di così! Macché… Il sindaco Aleš Bržan, come reazione all’ottusità burocratica, ha preferito dunque rovesciare ogni targa con gli antichi odonimi. Una piccola protesta sacrosanta.
«È la devastante sconfitta della ragione e della politica nella sua accezione più alta e nobile», ha protestato Maurizio Tremul, presidente dell’Unione Italiana che rappresenta la nostra minoranza linguistica. Tanto più che a Fiume, che pure bilingue non è, le targhe stradali dei luoghi storici riportano ad esempio: «Trg Ivana Koblera» con tutti i nomi precedenti: Piazza delle Erbe, Piazza dei frutti… Prova che non è poi così difficile cercare di ricucire le ferite.

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