I venti ostaggi israeliani vivi tornano a casa dopo 738 giorni di prigione. Trump: «È l’alba di un nuovo Medio Oriente»
Èsorta, dopo due anni e una settimana, l’alba del giorno dopo in Israele. Per Donald Trump è quella «storica di un nuovo Medio Oriente». Per venti giovani ostaggi, tornati a casa vivi e sulle loro gambe dopo 738 giorni di brutale prigionia a Gaza, per le loro famiglie e per tutto il popolo di Israele è l’alba della ritrovata libertà.
La fase 2 dell’accordo per Gaza è iniziata. Donald Trump lo ufficializza al summit di Sharm el-Sheikh dove sotto la regia di Usa ed Egitto una trentina di leader, soprattutto di Paesi arabi ed europei, prendono l’impegno di costruire un nuovo futuro di pace per il Medio Oriente. Intenzioni che verranno messe alla prova dei fatti sin da subito, sui primi scogli come il mantenimento della sicurezza nella Striscia, dove il presidente statunitense ha aperto a un ruolo per Hamas come forza di polizia palestinese: «Vogliono porre fine ai problemi e lo hanno detto apertamente, e abbiamo dato loro l’approvazione per un periodo di tempo».
Intanto sono sei le vittime palestinesi il giorno dopo la firma dell’accordo. Secondo l’esercito israeliano erano in una zona vietata. Una fonte medica ha affermato che sono stati uccisi dai droni israeliani mentre stavano ispezionando le loro case nel quartiere di Shuja’iyya, a est di Gaza City. L’agenzia Wafa denuncia che ieri sera un altro palestinese è stato ucciso a Khan Yunis.
Sul fronte della riconsegna degli ostaggi morti, Israele fa sapere che oggi è il termine ultimo. Secondo l’emittente pubblica Kan, Israele ritiene che Hamas abbia già in mano alcuni dei corpi, ma non li abbia consegnati. La Croce Rossa ha sottolineato che ci vorrà del tempo per consegnare i resti degli ostaggi. «È una sfida ancora più grande del rilascio delle persone vive. È una sfida enorme», ha affermato il portavoce del Cicr, Christian Cardon, aggiungendo che potrebbero volerci giorni o settimane e che esiste la possibilità che non vengano mai ritrovate.
