Prima sono entrati uno dietro l’altro in fila lungo il percorso protetto da alte recinzioni di metallo, dentro una conca di terra gialla sbancata dalle ruspe militari. Le prime immagini da Tel Sultan a Rafah, nell’estremo sud di Gaza, hanno fatto vedere uomini di qualsiasi età che tornavano indietro ordinatamente con pacchi di cartone sulle spalle. Poche ore, e arriva l’annuncio che il sito di distribuzione degli aiuti umanitari gestito dalla Gaza humanitarian foundation (Ghf), aperto martedì per la prima volta, avrebbe chiuso alle 17.30. La folla in attesa fuori, e ancora prima ai posti di blocco di Hamas per impedire di raggiungere il centro, si è rifiutata di tornare indietro a mani vuote.
Centinaia di persone, ragazzi, donne velate di nero dalla testa ai piedi, bambini, anziani hanno preso a correre verso i tavoli dov’era accatastato il cibo dentro gli scatoloni buttando giù le barriere. Il caos si è alzato d’improvviso, una massa di corpi si è precipitata verso gli aiuti che aspettava dal 2 marzo. Le guardie di sicurezza della compagnia americana che vigila sulle consegne si sono date alla fuga per non essere sopraffatte. Più in là, oltre la cancellata, gli operatori americani hanno sparato colpi in aria.
L’Onu è intervenuta definendo «strazianti» le immagini degli sfollati in cerca di cibo: «Abbiamo visto questi video, persone disperate a ricevere aiuti in queste condizioni» che le Nazioni Unite considerano in contraddizione con i principi umanitari. Parole cui hanno ribattuto gli Usa: sono «il colmo dell’ipocrisia», ha detto la portavoce del dipartimento di Stato americano, Tammy Bruce, mentre il capo del Cogat, il coordinamento israeliano per gli aiuti alla Striscia, denunciava che «oltre 400 camion di aiuti umanitari attendono di essere ritirati immediatamente dall’Onu al valico di Kerem Shalom».
A Washington il ministro Ron Dermer, stretto collaboratore di Benyamin Netanyahu e capo negoziatore per Israele, ha incontrato Steve Witkoff per discutere dell’ultimo tentativo Usa per sbloccare i negoziati con Hamas sull’accordo di tregua e la liberazione degli ostaggi.
Il procuratore Cpi preparava mandati per Ben Gvir e Smotrich
Il procuratore capo della Cpi, Karim Khan, si stava preparando a richiedere mandati di arresto per il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich e il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir prima di mettersi in congedo a causa dell’indagine per molestie sessuali che lo riguarda. Lo riporta il Wall Street Journal. Secondo il quotidiano statunitense, che cita attuali ed ex funzionari della Corte penale internazionale, Khan stava costruendo un caso contro Smotrich e Ben Gvir per il loro ruolo nella promozione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Non è chiaro se i vice di Khan andranno avanti con il caso contro i due ministri di estrema destra, poiché il rapporto sottolinea che una mossa del genere potrebbe comportare ulteriori sanzioni da parte degli Stati Uniti e comporterebbe gravi rischi politici in un momento in cui la corte non ha un procuratore generale in carica.
I media israeliani: “La nuova portavoce Pentagono fece post antisemiti”. Le critiche contro Kingsley Wilson
Kingsley Wilson, nuova portavoce del Pentagono, ha “ripetutamente espresso messaggi di retorica antisemita online”. E’ l’accusa lanciata da diversi media israeliani, tra cui Times of Israel e Jerusalem Post. Wilson è stata nominata venerdì nuova responsabile stampa del Dipartimento della Difesa Usa. Per il Jerusalem Post, la nomina di Wilson “desta perplessità, poiché nel corso degli anni ha rilasciato diverse dichiarazioni che indicano il suo sostegno a teorie cospirazioniste antisemite”. Secondo il portale israeliano, ad esempio “in passato Wilson ha rilasciato dichiarazioni che sembravano supportare la teoria della Grande Sostituzione, secondo la quale gli ebrei stanno tentando di sostituire la popolazione bianca degli Stati Uniti attraverso l’immigrazione”.
Funzionario dell’Onu ai media israeliani: “Cinico incolpare noi su Gaza. Sugli aiuti coordinamento disfunzionale con truppe sul campo”
“È oltremodo cinico incolpare gli operatori umanitari che rischiano la vita a Gaza per non essere in grado di fare di più”. Lo ha dichiarato un funzionario delle Nazioni Unite a Gaza a condizione di anonimato, interpellato dal Times of Israel dopo che coordinamento israeliano per gli aiuti alla Striscia (Cogat) ha accusato le Nazioni Unite di non svolgere il proprio dovere sugli aiuti umanitari a Gaza. “La realtà è che Israele non sta rendendo possibile il nostro lavoro e la gente sta morendo di conseguenza”, ha affermato il funzionario citato dal portale. “Per ottanta giorni, Israele ha bloccato ogni tentativo di portare rifornimenti salvavita a Gaza. Ora, solo un piccolo rivolo di aiuti è consentito. Ma non è sufficiente ad alleviare la disperazione di una popolazione che è stata affamata”. “Questo significa che i nostri camion rischiano di essere saccheggiati”, ha proseguito il funzionario. “Ci è consentito consegnare farina solo a panetterie che non sono in grado di gestire l’enorme folla di persone disperate”. “Cerchiamo di raggiungere ogni giorno l’unico valico di frontiera aperto e di trasportare le merci in sicurezza, ma ci imbattiamo in un coordinamento disfunzionale con le truppe sul campo, che ci costringe ad aspettare ore in una zona militarizzata in attesa del via libera per muoverci, mentre i bombardamenti continuano”. “Quando ci viene permesso di muoverci, i percorsi che ci vengono forniti dalle forze israeliane sono inappropriati e pericolosi”, ha raccontato. “La nostra capacità di consegnare le merci è forte solo quanto l’accesso che ci viene concesso. Durante il cessate il fuoco, ha funzionato. Ora non funziona più”.