I dazi li pagano i consumatori del Paese che li mette, la cosa peggiore che Europa, Canada e Cina possano fare è rispondere a Trump con la stessa moneta

L’espressione «guerra commerciale» crea solo confusione. Nelle guerre, a un certo punto c’è un vincitore. Tutta una serie di mosse presentano dei costi, in termini di vite, ma avvicinano la fine delle ostilità. Non è così quando si parla di commercio. Le guerre commerciali finiscono solo con un disarmo bilaterale.
Donald Trump è mosso dalla convinzione che i dazi sarebbero imposte estorte a chi produce un certo bene per il privilegio di venderlo in America. In realtà accrescono il prezzo pagato dal consumatore. Un tempo si trattava dell’unico strumento a disposizione per finanziare gli Stati: mancava la tecnologia per esigere imposte sui redditi, le merci venivano fermate in dogana. In seguito sono diventati un modo per rendere i prodotti di certe industrie nazionali artificialmente più competitivi: se gli stranieri realizzavano lo stesso bene a costi più contenuti, il fisco si prestava a maggiorarne il prezzo.
Proprio perché i dazi li pagano i consumatori del Paese che li mette, la cosa peggiore che Europa, Canada e Cina possano fare è rispondere a Trump con la stessa moneta. Le tariffe Usa possono ridurre le nostre esportazioni, con ripercussioni negative sull’occupazione. Le «contro-tariffe» andrebbero ad erodere il potere d’acquisto degli europei e danneggerebbero le aziende che si riforniscono all’estero per fabbricare i propri prodotti, magari destinati all’export.
I dazi si aggiungono ad altre misure protezionistiche, già esistenti, di tipo regolatorio. Cambia poco se faccio lievitare il prezzo di una merce mettendoci una tassa o costringendoti a produrlo in un certo modo. Per riequilibrare l’effetto Trump, bisogna agire sulle regole: facilitando, non restringendo, importazioni e produzione. Ciò accrescerebbe le opportunità di scambio nel territorio Ue, compensando almeno in parte le occasioni perse fuori di esso. Ogni altra «difesa» somiglierebbe a quella del proverbiale marito che vuol far dispetto alla moglie.

A.N.D.E.
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