Il ministro dell’Economia: «Continuiamo con serietà, responsabilità e prudenza, che stanno dando un dividendo importante anche alle aziende, comprese quelle del credito»
Gli impegni internazionali sul rilancio degli investimenti della Difesa «implicano una diversa evoluzione dei conti pubblici» e lo sforzo principale chiesto alla prossima manovra sarà di gestire questo «fatto nuovo» in modo «graduale» senza «compromettere i nostri obiettivi di politica economica e politici in senso lato».
Come da tradizione, nel suo intervento conclusivo al Forum Ambrosetti di Cernobbio Giancarlo Giorgetti comincia a tracciare i connotati chiave della legge di bilancio che occuperà l’agenda del Governo nelle prossime settimane. E, come da abitudine, il ministro dell’Economia evita accuratamente di snocciolare anticipazioni su singole misure, e ironizza sul «manovramercato che c’è ad agosto insieme al calciomercato»: perché, dice, «a me piace promettere poco e fare molto, non il contrario».
Né sacrifici, né correzione dei conti
I cardini delle sfide che attendono la finanza pubblica però sono chiari. Nonostante una crescita frenata dal caos geopolitico e dalle guerre commerciali (Giorgetti conta di “confermare” nel programma di finanza pubblica il +0,6% previsto ad aprile), «quest’anno con la manovra non servono sacrifici o correzioni dei conti, che stanno andando come esattamente avevamo previsto». In realtà, le speranze sono per un deficit anche inferiore al 3,3% del Pil messo in calendario per quest’anno ad aprile, e proprio da questo abbassamento nella linea pluriennale del disavanzo potrebbe arrivare un aiuto importante al tentativo di coniugare gli interventi per il ceto medio e l’avvio del percorso di risalita della spesa militare.
Molto dipenderà dalla possibilità di centrare davvero l’uscita anticipata dalla procedura per disavanzo eccessivo, che permetterebbe all’Italia di attivare già dal prossimo anno la clausola di salvaguardia nazionale che svincola dal Patto gli investimenti in Difesa. Anche se la prospettiva non entusiasma il titolare dei conti: «Sono un politico e vivo in mezzo alla gente – spiega alla platea di imprenditori e manager riunita in riva al lago di Como – e so che è difficile spiegare alle persone comuni che il Patto si può derogare per la difesa e non per altre spese».
«Serietà, responsabilità e prudenza»
In ogni caso, anche la linea della prossima manovra sarà ispirata ai consueti canoni di «serietà, responsabilità e prudenza» che Giorgetti ha portato avanti fin qui con un’ostinazione che, rivendica, «sta pagando un dividendo importante anche per le imprese e le aziende di credito». Lo dicono i dati su spread e rendimenti e lo suggeriscono le attese corali di nuovi miglioramenti nel rating (il prossimo appuntamento è per il 19 settembre con Fitch, che oggi attribuisce al nostro debito una tripla B con outlook positivo), anche se tanta fiducia fatica a trasferirsi su mercati più quotidiani, quelli dei consumi privati degli italiani. «In questi anni abbiamo restituito quasi 20 miliardi come riduzione della pressione fiscale e contributiva ai redditi medio-bassi», ricostruisce Giorgetti, «ma nel frattempo è aumentata anche la propensione al risparmio, secondo me alimentata dalle paure prodotte dalle immagini quotidiane di guerre militari e commerciali».
Una riflessione sulle regole del commercio globale
Il protezionismo trumpiano ha inevitabilmente un impatto su una crescita tornata ai soliti, angusti confini degli zerovirgola. Ma, rilancia il ministro, «un’attenta riflessione sui dati della bilancia commerciale ci fa capire che il problema fondamentale è il deficit commerciale sempre più pronunciato con la Cina e gli altri Paesi asiatici». Con la conseguenza che «questa crisi, che ha sicuramente introdotto un costo dell’incertezza», nell’ottica del ministro dell’Economia non può ridursi al ciclo di tensioni fra Europa e Usa ma «deve indurci tutti a una riflessione sulle regole del commercio globale, per creare un modello di competizione che sia veramente fair superando gli squilibri, partiti negli anni Novanta, che non sono sostenibili per il nostro sistema industriale».
«Società pubbliche partecipino allo sforzo per la Difesa»
Un occhio di riguardo alla produzione italiana dovrà essere rivolto anche per l’industria della Difesa, «chiamata a uno sforzo improvviso e titanico per partecipare» a programmi di riarmo che altrimenti «si tradurrebbero in un aggravio di finanza pubblica senza ritorni sull’economia italiana». Ma il riequilibrio nel commercio globale deve impegnare in primo luogo l’Europa, che non può accontentarsi del pur necessario smantellamento della sua architettura “iperburocratica”.