Negli ultimi anni più volte è stato citato l’appello di Paolo VI all’ONU nel 1965: «Mai più la guerra! Mai più la guerra!», salvo proseguire «Finché l’uomo rimane l’essere debole e volubile e anche cattivo, quale spesso si dimostra, le armi della difesa saranno necessarie, purtroppo»
Antonio Polito ed Angelo Panebianco avevano notato, su queste pagine, avvicinamenti inediti nel mondo cattolico italiano. Su questioni importanti relative al futuro dell’UE e della sua difesa «dossettiani» e Comunione e liberazione sono ormai su posizioni simili dopo essere stati per decenni su fronti radicalmente opposti. La portata dello spostamento in corso si comprende meglio su di uno sfondo storico.
Dopo la Rivoluzione Russa del ’17 e dopo le crisi economiche degli anni 20 e 30 del Novecento, nel mondo cattolico italiano aveva preso piede il sogno di una «terza via» alternativa tanto al socialismo quanto alla democrazia liberale. Quella «terza via» era parte del progetto di una «nuova cristianità». La «terza via cattolica» prese tante forme, alcune anche autoritarie e clerico-fasciste.
In quegli stessi decenni, però, nel mondo cattolico italiano avveniva anche altro. Federico Chabod definì la nascita del Partito Popolare di don Luigi Sturzo (nel 1919) l’evento più importante della storia d’Italia del XX secolo. Dentro il mondo cattolico e rispetto alla «terza via cattolica» il popolarismo sturziano costituì un’alternativa non confessionale, democratica e liberale. Sturzo finì ben presto nel mirino di Mussolini e il Partito Popolare fu sciolto. L’epurazione clerico-fascista continuò con l’allontanamento di mons. Giovanni Battista Montini (futuro Paolo VI e figlio di uno dei fondatori del Partito Popolare) dal ruolo di assistente nazionale della FUCI (gli universitari cattolici) e con il divieto, imposto dal Regime ed accettato dal Vaticano, a che ex-popolari assumessero ruoli direttivi nell’Azione Cattolica. Neppure quella volta, però, la storia era finita.
Dal 1943 De Gasperi assunse la leadership della neonata Dc. Con il sostegno di Montini e, nonostante le resistenze di Pio XII, spostò larghissima parte dei cattolici italiani a sostegno della democrazia e della collocazione dell’Italia nel campo occidentale e liberale. De Gasperi collaborò con Einaudi, ebbe la meglio sui miti della «terza via cattolica», sconfisse l’ostilità dei «dossettiani» e della destra cattolica. Nel decennio degasperiano maturarono scelte come l’adesione dell’Italia alla Nato e la nascita di ciò che oggi chiamiamo Unione Europea (che per De Gasperi doveva essere dotata anche di una propria capacità difensiva). All’indomani dell’8 Settembre i piani del Vaticano e dei vertici ecclesiastici erano ben diversi. Con il Vaticano II (1962-1965) Montini (divenuto Paolo VI) completò l’opera di riavvicinamento tra cattolicesimo e modernità, tra cattolicesimo e libertà (libertà religiosa inclusa). I sostenitori della «terza via cattolica» e della «nuova cristianità» furono sconfitti anche dentro la Chiesa.
Negli anni a noi più vicini, però, la «terza via cattolica», a dir poco tiepida verso la democrazia liberale, ha ripreso forza e la confluenza di oggi tra antioccidentalismo e pacifismo cattolici di destra e di sinistra ne è una delle maggiori evidenze. Contemporaneamente il cattolicesimo di Rosmini e Manzoni, di Sturzo, De Gasperi e Montini (e di Sergio Mattarella) ha incontrato crescenti difficoltà e ciò anche a causa del mutato clima d’Oltretevere.
Con il che sorge un problema di interesse generale: la Repubblica e la democrazia liberale dispongono oggi in Italia di un consenso tanto largo da poter reggere la defezione di una parte cospicua del mondo cattolico che invece per decenni aveva sostenuto la collocazione occidentale ed europea del nostro Paese?
È in tale frangente che è caduta l’elezione al soglio pontificio dell’agostiniano cardinale Prevost. Ben nota è l’influenza profonda della spiritualità agostiniana su Sturzo, Rosmini e Montini (in tempi nei quali a dettar legge era un tomismo tardo e povero). Per rendersene conto non ci vuol molto.
Negli ultimi anni più volte è stato citato l’appello di Paolo VI all’ONU nel 1965: «Mai più la guerra! Mai più la guerra!» Il rischio che papa Montini appaia come un pacifista ingenuo o fanatico, svanisce alla svelta se di quel discorso si leggono anche alcune delle righe che seguono. «Finché l’uomo rimane l’essere debole e volubile e anche cattivo, quale spesso si dimostra, le armi della difesa saranno necessarie, purtroppo.» Queste ultime parole non contraddicono l’appello contro la guerra, ma lo inseriscono in un orizzonte realista di marca evidentissimamente agostiniana. La pace, per meritare questo nome, deve essere giusta (pax opus iustitiae) e, per essere giusta, deve prevedere la disponibilità di mezzi adeguati ad erogare sanzioni efficaci contro ogni offesa ai diritti ed a quelli degli innocenti indifesi soprattutto. Non dovrebbe allora destare stupore se il «figlio di Agostino» ora papa Leone XIV sviluppando il proprio magistero tornasse a disperdere i miti delle «terze vie cattoliche» e le nostalgie di «nuova cristianità».