Famiglia

Secondo un indagine Istat si prevede, inoltre, che gli ultrasessantacinquenni che vivranno da soli nel 2050 saranno 6,5 milioni, contro i 4,6 milioni del 2024

Nel 2050 una famiglia su cinque in Italia sarà composta da una coppia con figli (oggi tre su 10) mentre il 41,1% delle famiglie sarà formata da persone sole (oggi il 36,8%). È quanto emerge dalle ultime previsioni demografiche dell’Istat, aggiornate al 2024. Il numero medio di componenti per famiglia nel 2050 sarà di 2,03 (a fronte del 2,21 del 2024). Si prevede, inoltre, che gli ultrasessantacinquenni che vivranno da soli nel 2050 saranno 6,5 milioni, contro i 4,6 milioni del 2024.

Sfide e prospettive di una società in transizione
Le ultime previsioni demografiche, aggiornate al 2024, disegnano un processo di transizione all’interno del quale il peso dell’odierna struttura per età della popolazione è prevalente rispetto ai comportamenti demografici attesi, pur in un quadro di incertezza. A loro volta, ulteriore aumento della sopravvivenza, bassa natalità e trasformazioni familiari confermano un cambiamento continuo nella struttura della popolazione che comporterà un auto-rafforzamento del processo di invecchiamento, nonostante il positivo apporto delle migrazioni con l’estero. La popolazione residente, oggi circa 59 milioni, è prevista in diminuzione a 54,7 milioni entro il 2050, con un calo graduale ma costante nel tempo. Entro lo stesso anno la quota di anziani di 65 anni e più sale al 34,6% (dal 24,3%), quella di individui di 15-64 anni scende al 54,3% (dal 63,5%). Scende di un punto percentuale la quota di giovani fino a 14 anni (dal 12,2 all’11,2%).

Calo demografico
Considerando gli estremi degli intervalli di confidenza al 90%, nell’ipotesi più favorevole la popolazione potrebbe subire una perdita di “soli” 6,2 milioni tra il 2024 e il 2080, di cui 2,2 milioni già entro il 2050. Al contrario, nello scenario di maggiore diminuzione, nel 2080 la popolazione avrebbe 20,0 milioni di individui in meno rispetto ad oggi, 6,5 milioni dei quali già persi nel 2050. In conclusione, sembra inevitabile che la popolazione diminuisca, pur a fronte di evidenze numeriche profondamente diverse l’una dall’altra, che richiamano nell’immagine scenari non solo demografici ma anche sociali ed economici di impatto altrettanto diverso.

Differenze geografiche
Tutto il territorio nazionale sarà interessato da un progressivo spopolamento, ma con alcune differenze a livello geografico. Tale variabilità farà sì che nel Mezzogiorno il fenomeno raggiunga una dimensione maggiormente significativa rispetto al Centro-nord. Secondo lo scenario mediano, nel breve termine si prospetta nel Nord un lieve ma significativo incremento di popolazione (+1,1‰ annuo fino al 2030). Al contrario nel Centro (-1,3‰) e soprattutto nel Mezzogiorno (-4,8%) si preannuncia un calo di residenti. Nel periodo intermedio (2030-2050), e ancor più nel lungo termine (2050-2080), il calo di popolazione sarà invece generalizzato in tutte le ripartizioni geografiche, ma nel Mezzogiorno l’intensità della diminuzione raggiungerà livelli più alti. Nel lungo periodo, la popolazione del Nord potrebbe ridursi di 2,8 milioni di abitanti entro il 2080 ma di appena 200mila se si guarda al 2050. Ben diverso è il percorso evolutivo della popolazione nel Mezzogiorno, la quale nel 2080 potrebbe ridursi di 7,9 milioni di abitanti, 3,4 milioni dei quali già entro il 2050. L’incertezza che accompagna le evidenze sopra descritte può portare in parte a differenti valutazioni. Nel Nord, ad esempio, è potenzialmente possibile anche un percorso di leggera ma costante crescita demografica (fino a 1,1 milioni di residenti in più al 2080), come rappresentato dal limite superiore dell’intervallo di confidenza. Viceversa, tanto nel Centro quanto nel Mezzogiorno tale possibilità non è mai contemplata, nemmeno sotto le ipotesi di scenario più favorevoli.

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