Ci sono state settimane di choc e confusione, ma ora dovremmo risvegliarci e cominciare a combattere

Siamo rotolati giù dalla montagna incantata occidentale in una notte che è calata di colpo – tra una conferenza internazionale in Germania e un’intervista di Trump a Fox News – mentre ci attardavamo sonnambuli a guardare dalla vetta verso il resto del mondo, protetti dagli speroni americani. Ci sono state settimane di choc e di confusione, ma ora dovremmo risvegliarci e cominciare a combattere. Serviranno (fuori di metafora) una nuova Difesa europea e (azzardando qualche passaggio simbolico che ci rianimi) una fiducia da ricostruire in ciò che potremmo essere/fare a valle di certezze polverizzate.
Preparandosi alla vittoria di novembre 2024, la nuova destra statunitense si è a lungo divertita a definire con sarcasmo “i liberal” ­– cioè il Partito democratico rivale e, per estensione, i rappresentanti delle democrazie tradizionali – come “i personaggi NPC” dei videogame: Non-Player-Character, cioè figure ininfluenti che popolano la scena delle sfide senza poterne condizionare l’esito. Sono lì, tanti e rimbalzanti, ma non hanno alcuna influenza sui “giocatori attivi”, quelli che – loro sì – decidono se saltare dai dirupi, quale porta aprire, a chi sparare per accumulare punti e livelli. I “liberal-democratici NPC”, secondo la visione ideologica e la scommessa politica di Elon Musk & follower, non sono pericolosi “agenti” nemici: nel senso che proprio non agiscono, non sono attivi. Sarebbero – secondo questa lettura della realtà non virtuale – semplicemente “comparse”, istruite a muoversi a zig-zag lungo le traiettorie della sensibilità definita woke, sempre in allerta, addestrata all’ossequio di ogni minoranza. Automi, ingenui, allocchi, inesistenti. Di conseguenza – quando servirà – facili da eliminare dalla partita per il comando. Ne ha discusso, per il New York Times, il giornalista e podcaster Ezra Klein che ha ammesso: «Noi liberal tendiamo al conformismo». Ci censuriamo per timore di offendere; rischiamo di essere ultra-deferenti davanti alle istituzioni; ci affrettiamo ad abbracciare la causa del momento.
A Monaco abbiamo incassato attoniti la lezione bavarese di J.D. Vance, il vicepresidente Usa al debutto fuori confine. Vance ha rimproverato all’Europa «una ritirata» codarda da quei valori autentici – ispirati alla libertà incondizionata – che hanno sempre legato il Vecchio al Nuovo Continente. Una ritirata, secondo J.D. e TheDonald, più nefasta della feroce avanzata di Vladimir Punti in Ucraina o di quella cinese sui mercati globali. Noi europei, uomini e donne senza qualità, abbiamo tradito: costituiamo «la minaccia interna», la peggiore.
Ma – ed è il punto del ragionamento di Ezra Klein che dovremmo fare nostro prima che sia troppo tardi per crederci – siamo sicuri che siano “i liberal”, americani ed europei, gli NPC della nuova ribalta internazionale? Non ci sono più rischi di conformismo, omologazione, cecità fino all’oscurantismo, dall’altra parte? È da questa consapevolezza, (ri)scossa dall’incubo, che dovrebbe generarsi il risveglio. Se uniti, ha provato a incitare Mario Draghi parlando all’assemblea di Strasburgo, possiamo difendere i nostri interessi. Interessi intrecciati ai valori, un tutt’uno che tiene, ancora. «Possiamo ridare speranza alla nostra gente. I governi e i parlamenti nazionali, la Commissione e il Parlamento europei, insieme, sono chiamati a essere i custodi di questa speranza in un momento di svolta della Storia. Se uniti, saremo all’altezza della sfida e avremo successo».
Era tempo che non ascoltavamo il richiamo in sequenza a unità-speranza-sfida-successo. Un quadrilatero preciso tracciato nel mucchio delle grida. È una questione di costi dell’energia da abbattere, di competitività, di gara per l’Intelligenza Artificiale, di azione concertata sul debito comune, di giovani generazioni da sostenere. Certo, ma è anche una questione, antica e modernissima, di onore. Lo ha scritto Giuliano Ferrara su Il Foglio. Ascoltando i discorsi minacciosi del presidente americano e dei suoi inviati, la mente degli occidentali «meno accoccolati nell’ebetudine» è andata alla parola “onore”. O, per contrasto, alla parola “disonore”. Quello di chi abbandona gli alleati rifilandogli pure la responsabilità della ferita, di chi tradisce un popolo intero – l’Ucraina – accusandone il leader di aver iniziato lui la guerra e di essere «un dittatore» e «un comico mediocre», di chi lascia intravedere la possibilità di un baratto sulla pace: terre rare in cambio della terra rimasta.
Scuotiamoci dal sonno e facciamo qualcosa. Facciamo il nostro gioco, orgogliosi, prendendo in contropiede gli acronimi di Musk: inventiamoci la riscossa degli NPC. Come uno Stato, come una famiglia allargata, finalmente non disfunzionale.

A.N.D.E.
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