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Secondo AlixPartners, i marchi cinesi saliranno al 13% in Europa entro il 2030. Saturazione degli impianti Ue crollata dal 75% al 55%. Servono processi più agili e costi più bassi

Negli ultimi cinque anni l’industria automotive ha attraversato una fase di eccezionale turbolenza, che ha violentemente ridotto i tempi di trasformazione e innovazione. Prima la pandemia, poi diverse crisi delle forniture, la guerra in Ucraina, l’inflazione e oggi l’incertezza geopolitica e commerciale: ogni anno un nuovo shock. Non stupisce dunque che l’ultimo Global Automotive Outlook 2025 di AlixPartners — la ventiduesima edizione — delinei un mercato sempre più competitivo, soggetto a disruption continue, e che richiede ai costruttori occidentali un cambio di paradigma in chiave di agilità operativa, gestione dei costi e capacità di innovazione in tempi drammaticamente più stretti.
Secondo il rapporto, siamo di fronte definitivamente alla fine dell’età dell’oro post-Covid per l’auto europea. Quella fase di profittabilità straordinaria, sostenuta da forti aumenti di prezzo e capacità di scaricare i costi sulla filiera e sui consumatori, ha già lasciato spazio a margini più sottili e a un free cash flow in brusca contrazione: -72% anno su anno per i costruttori (Oem), con una redditività tornata sotto il 10%. La filiera dei fornitori, che negli ultimi quattro anni aveva sofferto condizioni anomale, sta lentamente recuperando marginalità (oggi all’11-12%), ma anch’essa si trova in un contesto più fragile e instabile.

Un mercato globale a bassa crescita, Cina esclusa
Il mercato globale, del resto, non offre spazi facili: per AlixPartners, le vendite mondiali di veicoli leggeri – passeggeri e commerciali – cresceranno solo dell’1% nel 2025 e del 2% l’anno fino al 2030. Si tratta di una media: Europa e Stati Uniti, in particolare, sono attesi in leggero calo (-1% nel 2025), mentre la Cina continuerà a salire (+3%). I veicoli elettrificati raggiungeranno il 30% del mercato globale entro il 2030, e il 48% in Europa inclusi (8%) ibridi plug-in e Reev (range extender, veicolo elettrici dotati di un piccolo motore a combustione interna che funge da generatore per ricaricare la batteria, estendendone l’autonomia, anche oltre i mille km), spinti dagli obiettivi Ue sulle emissioni. «L’Europa, seppur spinta solo dalla normativa, marcia comunque verso l’elettrico a velocità doppia rispetto agli Stati Uniti», precisa Emanuele Cordone, Director della practice Automotive di AlixPartners.
Ma dietro queste cifre si cela uno scenario problematico. I prezzi delle auto in Europa sono saliti tra il 40 e il 70% dal 2019, contro un aumento medio degli stipendi del 12% (al contrario di quanto accade in Cina, dove l’indice dei prezzi da 100 nel 2023 è sceso a 84). Il risultato è un problema crescente di prezzi accessibili per i consumatori e volumi stagnanti: per l’Italia, AlixPartners prevede circa 1,8 milioni di immatricolazioni, ben al di sotto dei livelli pre-Covid (2,1 milioni). E mentre i segmenti A e B, più economici, calano, i Suv – più costosi e a maggiore impatto ambientale – dominano ormai il mercato.

Quote di mercato e supply chain: l’Europa cede sovranità
In parallelo, la pressione competitiva cresce: in Europa i marchi cinesi dovrebbero raddoppiare la quota di mercato entro il 2030, passando dal 5% al 10%, grazie anche alla localizzazione produttiva sul continente. I produttori cinesi aumenteranno di 800mila unità l’anno la loro capacità industriale in Europa entro il decennio, proprio mentre quella dei costruttori europei si ridurrà di 400mila veicoli. Intanto, la saturazione degli impianti di assemblaggio è scesa, dal 75% al 55% in Europa tra il 2017 e il 2025; in Italia il dato è ancora più drammatico: dal 75% al 35%. Questo squilibrio si riflette anche sulla supply chain: tra il 2022 e il 2024, investitori statunitensi e asiatici hanno acquisito asset europei per 15 miliardi di dollari, contro i soli 2 miliardi investiti dalle aziende europee fuori in direzione opposta. «Questo sta portando molte aziende verso problemi o riflessioni sulla sostenibilità e strategicità del business», spiega Fabrizio Mercurio, Director nella practice Automotive di AlixPartners.

L’urgenza di difendere redditività e competitività
Per Dario Duse, Emea Automotive Practice Leader e Italian Country Head della società globale di consulenza, «Il settore automotive europeo vive una fase di forte tensione per via delle numerose sfide contemporanee da affrontare: volumi stagnanti, rallentata crescita dell’elettrificazione, tensioni geopolitiche, sovracapacità produttiva, e un sempre maggiore gap nel modello operativo, che stenta a recuperare il divario di tempi, costi e innovazioni tecnologiche dei nuovi Nev players (cinesi, ndr). Il tutto è oggi aggravato anche dall’incertezza e dai rischi legati ai dazi. I costruttori occidentali hanno resistito alle sfide recenti anche operando un’attenta gestione dei prezzi, in forte rialzo a partire dal Covid. Ma la situazione di mercato attuale impone una virata decisa e un approccio che miri all’agilità operativa per mantenere redditività – scesa di nuovo sotto al 10% per i costruttori – e competitività, anche attraverso l’innovazione di prodotto, lo snellimento dei processi di sviluppo e l’utilizzo delle opportunità offerte dall’intelligenza artificiale».

Nuovi modelli operativi di ispirazione cinese
Duse si riferisce ai nuovi modelli operativi di ispirazione cinese: tempi di sviluppo ridotti (20 mesi contro i 40 standard dei costruttori automobilistici tradizionali), forte modularità, maggiore carryover tra modelli (ad esempio quando un componente, una parte – dal pianale, al motore, al sistema di infotainment – o una tecnologia sviluppata per un modello di prodotto viene riutilizzata o adattata per un nuovo modello), elevata standardizzazione delle componenti hardware e differenziazione affidata principalmente al software. «Se andate in Cina forse farete caso al fatto che le maniglie o i display sono tutti uguali», aggiunge Duse.
Questo approccio consente non solo di ridurre gli investimenti (fino al 40-50% in meno per veicolo), ma anche di sfruttare meglio le economie di scala, con vantaggi competitivi strutturali. A questi fattori si sommano il controllo upstream sulle filiere di batterie e materiali critici e un uso più evoluto di intelligenza artificiale e dati per la gestione della supply chain. A sottolineare l’urgenza di ripensare i processi di sviluppo, innovare l’offerta di prodotto e cogliere ogni opportunità di efficienza per cercare di arginare lo tsunami competitivo che arriva dall’Oriente.

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