
Oggi a Foggia i Durm Days: atteso per questa estate un raccolto da oltre 4,2 milioni di tonnellate
Buone notizie per la campagna 2025 del grano duro in Italia: dopo un 2024 in calo, quest’anno la produzione nazionale è prevista a oltre 4,2 milioni di tonnellate, il 20% in più dell’anno scorso. I dati verranno presentati oggi a Foggia nel corso dei Durum Days, cui partecipano Assosementi, Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Fedagripesca Confcooperative, Compag, Italmopa, Unionfood, Crea e Areté.
L’aumento della produzione italiana di grano duro – quello utilizzato per fare la pasta – è legato sia all’espansione delle superfici coltivate, in crescita del 9,5% a livello nazionale secondo l’Istat, sia alle condizioni particolarmente favorevoli in Sicilia, Basilicata e parte della Puglia. Per il mondo degli agricoltori, l’aumento del raccolto nazionale è una buona notizia: «Più ancora che l’aumento del 20% rispetto alla scorsa campagna, che non fu felice, la vera buona notizia è che il raccolto quest’anno sarà il 12% in più rispetto alla media registrata negli ultimi cinque anni», spiega Raffaele Drei, presidente di Fedagripesca Confcooperative. Secondo il quale il condizionale resta comunque d’obbligo: «Alla mietitura manca ancora un pezzo di strada importante, un mese e mezzo abbondante in cui le ondate di calore oppure le forti piogge possono cambiare il quadro in negativo. Diciamo che manteniamo l’ottimismo».
La campagna 2025 è inizialmente partita con qualche difficoltà. Secondo il Crea, al Centro-Nord le semine hanno subito ritardi a causa delle abbondanti piogge, e in alcune aree i ristagni idrici hanno reso difficili le successive pratiche agronomiche. Anche al Sud le operazioni di semina sono state ritardate, in questo caso per la mancanza di pioggia nel mese di novembre. E nonostante le temperature invernali sopra la media abbiano accelerato il ciclo, le precipitazioni regolari alla fine hanno favorito la crescita delle colture.
Se le prospettive del raccolto italiano sono di crescita, il quadro internazionale ad oggi sembra invece meno roseo. Secondo Areté dopo l’aumento registrato lo scorso anno, le produzioni di grano duro a livello mondiale sono attese in calo per via dei minori raccolti dei Paesi esportatori del Nord America, che non sarebbero compensati dalle maggiori produzioni nei Paesi importatori. In particolare in Canada le rese sono previste in discesa del 7%, negli Stati Uniti del 9% e in Messico addirittura in crollo del 78%.
Con un quadro del genere – produzione italiana in crescita e raccolti mondiali in leggera diminuzione – tutto lascerebbe pensare a un aumento delle quotazioni del grano nazionale. «Siamo ancora in una fase iniziale – dice Drei – ma gli agricoltori italiani possono aspettarsi prezzi in ripresa. Da troppo tempo nel nostro Paese viviamo un ribasso delle quotazioni che comincia a essere difficile da giustificare. I prezzi oggi hanno un livello tale da rischiare di mettere in discussione la stessa sostenibilità della coltivazione del grano».
L’Italia però produce solo il 60% del suo fabbisogno di grano duro: «Non potremo mai produrre in casa tutto il frumento che ci occorre – ammette Drei – e per questo sappiamo che il mercato internazionale della commodity comunque ci condizionerà. Ma guardando all’incidenza del costo della materia prima-grano sul prezzo finale della pasta prodotta in Italia, io credo che la filiera si possa permettere di pagare qualcosa in più all’agricoltore. Per ottenere quotazioni migliori, poi, è importante che gli agricoltori facciano aggregazione e puntino sui contratti di filiera».