
A seconda che i contributi siano stati versati entro il primo gennaio 1996 o successivamente, cambiano sia i requisiti per poter andare in pensione, sia il sistema di calcolo dell’assegno. Ecco le nuove regole per il 2025
Pensioni 2025, conferme e novità
Quando andremo in pensione? E quanto varrà l’assegno pensionistico? Una parte del nostro futuro pensionistico dipende da quando abbiamo iniziato a lavorare: il 1996 era e rimane uno spartiacque per il nostro «destino previdenziale».
A seconda infatti che i nostri primi contributi siano stati versati entro il primo gennaio 1996 o successivamente, cambiano sia i requisiti per poter andare in pensione, sia il sistema di calcolo dell’assegno.
L’altra variabile importante è l’età: i requisiti non sono infatti fissi, ma ogni due anni vengono aggiornati in funzione dell’aumento dell’attesa di vita, al fine di mantenere la spesa pensionistica in equilibrio. Per i più giovani la pensione sarà dunque più lontana, perché ci sarà un maggior numero di adeguamenti periodici dei requisiti.
Le nuove regole per il 2025 hanno portato conferme e novità per tutti i lavoratori: vediamo di quali si tratta.
Le regole per i pre 1996: confermate
Le regole per definire il momento della pensione per chi ha almeno un contributo versato entro il 31 dicembre 1995 sono rimaste invariate e sono solamente due.
Il primo requisito è quello basato sull’età (pensione di vecchiaia): nel 2025 bisogna avere almeno 67 anni di età con 20 anni di contribuzione.
Il secondo requisito è invece basato sull’anzianità contributiva (pensione anticipata): nel 2025 le lavoratrici devono avere almeno 41 anni e 10 mesi di contribuzione, mentre i lavoratori 42 anni e 10 mesi.
Entrambi i requisiti dovranno essere adeguati all’incremento dell’attesa di vita a partire dal 2027 e poi ogni due anni: considerando che la normativa prevede un tetto massimo per l’incremento pari a 3 mesi, è ragionevole stimare un aumento di circa 2-3 mesi ogni due anni.
Anche se il recente dibattito pubblico ha visto Governo e Parti Sociali concordi nel voler «bloccare» gli incrementi (come già accaduto nel 2019 per la pensione anticipata), al momento non ci sono novità in tal senso: in assenza di riforme, nel 2027 i requisiti torneranno a crescere.
Ma oltre ai due requisiti di base, esistono due «regole speciali»: Quota 103 e Opzione Donna.
Quota 103 e Opzione donna: prorogate
Anche per il 2025 sono a disposizione di lavoratrici e lavoratori che hanno iniziato a lavorare entro il 1995 due regole «speciali» già viste nel 2024: Quota 103 e Opzione Donna.
Fino al 31 dicembre di quest’anno sarà infatti disponibile «Quota 103», che prevede l’accesso alla pensione a coloro che entro tale data avranno almeno 62 anni di età con almeno 41 anni di contribuzione.
In cambio di questo anticipo si avrà però il ricalcolo dell’assegno pensionistico con il (solitamente) meno vantaggioso sistema contributivo. Inoltre, fino al compimento dei 67 anni la pensione avrà un tetto di circa 1.860 euro netti al mese, per poi tornare «piena» dopo tale età.
Quota 103 è una possibilità che si è dimostrata poco attrattiva, considerando che, senza penalizzazioni, le lavoratrici possono andare in pensione con 41 anni e 10 mesi di contributi (solamente 10 mesi in più), e i lavoratori 1 anno e 10 mesi dopo, con 42 anni e 10 mesi di contribuzione.
L’altra regola «speciale» è Opzione Donna, riservata alle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2024 abbiano maturato almeno 61 anni di età con almeno 35 anni di contribuzione, a patto di rientrare in una delle seguenti situazioni: caregiver, invalide civili almeno al 74%, licenziate e dipendenti di aziende in crisi. In questi casi, previo il ricalcolo integralmente contributivo della pensione, è possibile l’uscita anticipata.
Fin qui le regole per i «pre 1996»: ma che cosa accade a chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi?
Nuove soglie per i lavoratori post 1996
Le novità 2025 si sono concentrate sulle lavoratrici e sui lavoratori che hanno versato contributi esclusivamente a partire dal 1996.
Invariato, come per chi ha iniziato a lavorare entro il 1995, è il solo requisito di pensione anticipata, pari a 41 anni e 10 mesi di età per le lavoratrici e 42 anni e 10 mesi per i lavoratori.
Le novità riguardano in particolare il requisito di pensione anticipata contributiva (oggi pari a 64 anni, da incrementare per l’attesa di vita), che consente di andare in pensione tre anni prima rispetto al normale requisito di vecchiaia (67 anni) a patto che l’assegno pensionistico abbia un certo valore minimo.
Fino al 2029 tale soglia sarà pari a 3 volte l’assegno sociale, quindi circa 1.330 euro netti. Per le lavoratrici con un figlio il limite scende a 2,8 volte (circa 1.250 euro netti) e a 2,6 volte (circa 1.020 euro netti) in presenza di due o più figli.
La prima novità 2025 è che la soglia «generica»salirà dal 2030 da 3 a 3,2 volte l’assegno sociale (circa 1.410 euro netti).
Per chi non raggiunge questi limiti, c’è il «normale» requisito di pensione di vecchiaia, oggi pari a 67 anni di età, con 20 di contribuzione, a patto di avere una pensione pari ad almeno l’assegno sociale (circa 538 euro nel 2025).
Se non si raggiunge questa ulteriore soglia, è necessario attendere il requisito di pensione di vecchiaia contributiva, pari a 71 anni di età con almeno 5 anni di contribuzione, senza limiti minimi sul valore della pensione.
Il momento della pensione può dunque variare fino a 7 anni (tra 64 e 71), a seconda del valore della nostra pensione futura, che dipende dalla retribuzione e dal numero di anni lavorati.
La seconda novità del 2025 è aver creato un «ponte» tra le regole della previdenza di base Inps e la previdenza integrativa.
Il nuovo ponte tra previdenza pubblica e complementare
La principale novità per il 2025, sempre rivolta ai soli lavoratori che hanno iniziato a contribuire a partire dal 1996, è il cosiddetto «ponte» tra previdenza pubblica e complementare.
Per raggiungere la soglia necessaria per la pensione anticipata contributiva (3 volte l’assegno sociale fino al 2029, poi 3,2 volte dal 2030) potranno essere considerati non solamente i contributi Inps, ma anche il capitale accumulato in una forma di previdenza integrativa.
In questo modo, la “rendita equivalente” maturata nel proprio fondo pensione potrà aiutare a raggiungere il valore soglia. In questo caso il numero minimo di anni di contribuzione sale a 25 (30 dal 2030). È inoltre richiesta l’interruzione dell’attività lavorativa, con divieto di cumulo con altri redditi.
Si tratta di una novità assoluta, che lega – potenzialmente – il momento della pensione anche a quanta previdenza integrativa abbiamo fatto. Un motivo in più, soprattutto per i più giovani, per aprire un fondo pensione, da alimentare – almeno inizialmente, se dipendenti – con il proprio TFR.
Fin qui le regole per andare in pensione: è cambiato qualcosa per il calcolo dell’assegno?
I sistemi di calcolo: confermati
I sistemi di calcolo dell’assegno pensionistico sono invece rimasti confermati: per chi ha contributi versati a partire dal 1996, tutta la pensione sarà con il sistema contributivo. La pensione sarà commisurata ai contributi versati, che ogni anno vengono rivalutati in funzione dell’andamento dell’economia italiana (media quinquennale del Pil nominale).
Il montante contributivo maturato verrà poi trasformato in pensione vitalizia attraverso dei coefficienti legati all’età e all’attesa di vita (che vengono aggiornati ogni due anni, come accaduto nel 2025). La pensione sarà dunque proporzionale ai contributi versati.
Per chi invece ha iniziato a lavorare entro il 1995, la pensione avrà due componenti. Per gli anni fino al 1995 l’ammontare sarà secondo il sistema di calcolo retributivo, con una pensione legata alla media degli ultimi redditi da lavoro, mentre dal 1996 in poi sarà contributiva.
La pensione sarà dunque in parte commisurata ai contributi versati, ma per un’altra parte (crescente all’aumentare del numero di anni lavorati entro il 1995) legata alle ultime retribuzioni prima di andare in pensione.
Ma come si fa a passare dalle regole generali alla propria situazione individuale?
Come sapere quando andrò in pensione?
Gli ingredienti e le regole che influenzano il momento della pensione e il valore dell’assegno pensionistico sono tanti e richiedono spesso la consulenza di esperti previdenziali.
Nell’ambito del «fai da te», la stima più «ufficiale» per i lavoratori Inps è quella contenuta nello strumento «La mia pensione futura», che tiene in considerazione la nostra effettiva storia contributiva.
Se invece si desidera una stima rapida e orientativa, è disponibile il nostro Pensionometro che con pochi dati (genere, categoria professionale, età ed età di inizio contribuzione) consente di avere una stima a forchetta del momento della pensione e del rapporto tra l’assegno pensionistico e la retribuzione da lavoro (il cosiddetto «tasso di sostituzione»).Per chi desidera invece approfondire le regole, è invece disponibile la nostra “Guida alle pensioni”.