Mediobanca e l’Ops su Banca Generali. Questa mossa può contribuire a fare chiarezza nel risiko bancario. E anche la politica dovrebbe esplicitare al più presto se e in quale modo vuole ricoprire un ruolo in questo riassetto

Il risparmio è potere. Per capire che cosa sta accadendo alle banche italiane potrebbero bastare solo un paio di numeri. È vero che ci sono protagonisti e interpreti della battaglia. Ma come sempre nella finanza si discute, a volte marginalmente, di prodotti, di industrie, di posti di lavoro e via dicendo. Ma soprattutto si parla di denaro. E il denaro è potere. Quella annunciata ieri da Mediobanca e dai suoi vertici guidati da Alberto Nagel è un’offerta su Banca Generali. Va ad aggiungersi alle altre che sono in atto o lo saranno. Quella di Monte Paschi sulla stessa Mediobanca, di Unicredit sul Banco Popolare, di Bper su Popolare Sondrio, oltre a operazioni parallele come l’ingresso di Unicredit in Generali e in Commerzbank. Ma l’offerta decisa dal consiglio Mediobanca domenica ha però un merito: rende il panorama di questo grande riassetto perlomeno in parte molto più chiaro. In sostanza Piazzetta Cuccia uscirà da Generali.

Alla base dell’offerta del Monte Paschi su Piazzetta Cuccia c’era nelle intenzioni di Luigi Lovaglio, il manager che l’ha studiata e messa in atto, l’intenzione di mettere assieme una banca commerciale con una banca d’affari attiva anche nella gestione del risparmio (wealth management). Un piano condivisibile o meno (e i vertici di Piazzetta Cuccia avevano dichiarato la loro ostilità), che peraltro non si ferma. Ma che aveva una complicazione. Parte del valore di Mediobanca risiede nel fatto che nelle sue casseforti c’è una quota importante di Generali, il 13%. Quota che garantiva molti dividendi ma anche essere di fatto socio di riferimento della compagnia.
L’azionista a cui guardare nella formazione dei vertici e quindi delle strategie del Leone di Trieste, che va ricordato è uno dei maggiori attori nel settore delle assicurazioni a livello europeo e non solo.
Una complicazione che però verrebbe eliminata perché l’operazione su Banca Generali avverrebbe da parte di Mediobanca pagando l’acquisto con quel 13% del Leone di Trieste posseduto. Sarebbe così reciso il legame societario (che non esclude però quello industriale) che durava dagli anni Cinquanta. E si chiarirebbe il percorso dell’eventuale offerta Mps.
Tagliando l’intreccio tra Mediobanca e Generali viene a cadere anche la sovrapposizione determinata dalla presenza di stessi soci nelle varie aziende. La famiglia Caltagirone e gli eredi Del Vecchio sono in posizione importante sia in Mps, sia in Mediobanca sia in Generali. In quest’ultima, i due soci si troverebbero a essere, con l’uscita di Piazzetta Cuccia, i primi azionisti singoli. E si tratta degli azionisti che in più di un’occasione avevano manifestato la propria contrarietà sia alla gestione Mediobanca sia quella di Generali.
L’offerta di Mediobanca che ha come finalità la fusione con Banca Generali, al di là delle dimensioni che ovviamente varieranno, permette di offrire al mercato, agli azionisti, di scegliere tra l’opzione Mps e l’opzione Mediobanca-Banca Generali. Senza altre implicazioni.

E tutte le battaglie di potere di cui si è raccontato sinora? Le battaglie di potere si ammantano spesso di obiettivi poco chiari. Questa volte le carte sul tavolo ci sono tutte.
Tutto risolto quindi? Per niente.
Il risparmio è potere se viene ben gestito. Stiamo parlando di cifre enormi. Per avere un’idea si tratta di circa 4 mila miliardi di attività finanziarie. Ma senza troppe complicazioni, si pensi solo a quella cifra oscillante tra i 1.500 e i 1.900 miliardi liquidi che famiglie e imprese hanno tenuto e tengono sui conti correnti (il debito pubblico italiano è poco sopra i tremila miliardi). Se ben utilizzati e gestiti potrebbero remunerare meglio i risparmiatori e andare a sostegno dell’economia reale del Paese. Economia reale fatta di quel tessuto di piccole e medie imprese che, assieme al risparmio appunto, rappresenta uno dei pilastri dell’Italia.

Era l’obiettivo che spinse Unicredit a comprare Pioneer per diventare uno dei protagonisti mondiali del risparmio. Pioneer poi ceduta negli anni della crisi, e oggi diventata Amundi controllata da Crédit Agricole che guarda caso oltre a essere una delle maggiori banche in Italia è anche in Bpm con il 20%. La stessa Bpm che ha acquisito uno dei gestori di risparmio Anima. Spirito analogo quello che spinse Banca Intesa a suo tempo a creare Eurizon chiamando a capo quel Mario Greco che oggi guida la seconda compagnia di assicurazione d’Europa, la Zurich. Banca Intesa che sempre in passato avrebbe voluto acquisire Generali. Generali dove Unicredit è entrato con quasi il 7%.
Come si vede un intreccio da mal di testa. È per questo che l’assetto finanziario in Italia è così instabile. E che lo si racconta soprattutto come battaglia di potere. Accreditata peraltro da una politica che dovrebbe esplicitare con chiarezza se e in quale modo vuole ricoprire un ruolo in questo riassetto.
Se il potere non è finalizzato a una strategia rimane fine a se stesso. La scelta di Mediobanca può aver contribuito a chiarire un poco il campo di gioco permettendo a tutti i protagonisti di fare la propria scelta. Ma c’è da stare certi che non sarà l’ultima mossa dei tanti protagonisti.
Anche la politica, il governo, dovranno chiarire come intendono muoversi. Da azionisti di Mps lo hanno fatto gradendo l’offerta su Mediobanca. Sono intervenuti con la golden share sull’operazione Unicredit-Bpm sollevando anche l’obiezione giuridica di Forza Italia. Si dovrà capire se vogliono cioè in un modo o nell’altro essere attori nelle singole operazioni o se invece vorranno fare in modo, con le modalità proprie di chi amministra il Paese, di far diventare davvero il risparmio potere. E cioè agevolandolo e facendolo diventare asse di sviluppo per l’economia e il Paese.

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