Fonte: Corriere della Sera

di Dario Di Vico

Lo schema dei Cub ricalca l’agenda governativa e la estremizza negli obiettivi ma ne condivide e recepisce la filosofia di fondo


Oggi tornano i famigerati venerdì neri del trasporto pubblico. I Cub e i Cobas hanno infatti indetto un’agitazione di 24 ore dei mezzi locali, ferroviari, aerei e marittimi. Come al solito non è dato prevedere la reale incidenza dello sciopero perché si ripete il meccanismo della «pesca a strascico», le sigle organizzatrici puntano proprio sul venerdì per aumentare sul campo la loro reale (ed esigua) rappresentatività. Oltre al vecchio copione stavolta però c’è una novità: è il primo venerdì nero indetto nella stagione del governo populista. Qualcuno, all’opposizione, potrebbe ghignare, adottare la modalità popcorn e venir fuori con l’idea «adesso vediamo come se la cavano loro» ma in realtà mai come questa volta chiodo non scaccia chiodo.
Basta andare a leggere i punti-chiave della piattaforma dello sciopero: abolizione del jobs act, reddito garantito proporzionato a una riduzione dell’orario, abolizione della quota 100 e pensionamento automatico a 65 anni o con 35 anni di contributi. In sostanza lo schema dei Cub ricalca l’agenda governativa e la estremizza negli obiettivi ma ne condivide e ne recepisce la filosofia di fondo. Il guaio è che questo supporto avviene a scapito degli utenti – lasciati a piedi – e in particolare di quei settori popolari che non possono permettersi il taxi. In più Cub e Cobas cercano forse con questa mossa di copiare Codacons e Coldiretti mettendo in campo un’iniziativa di conflitto sindacale destinata però a favorire il gioco politico del governo gialloverde. Per farla breve siamo in presenza di una guazzabuglio di cui avremmo fatto volentieri a meno perché in ballo non c’è una vertenza concreta sulla condizione dei lavoratori dei trasporto ma si usano ancora una volta i viaggiatori come carne da macello da servire di venerdì.

A.N.D.E.
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