Le strette di mano tra il presidente Usa e i leader europei ai funerali del Papa sono un’apertura. Ma la Russia va avanti
Il miracolo non c’è stato. Ovviamente nessuno ha mai pensato, neanche per un attimo, che l’incontro di pochi minuti in San Pietro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky avrebbe portato, d’incanto, un’ancorché piccolissima forma di pace in Ucraina. Neanche dopo che il presidente degli Stati Uniti, sul volo di ritorno a casa, aveva mandato un pubblico altolà a Vladimir Putin avanzando il sospetto che con le piogge di bombe su Kiev lo stesse «prendendo in giro». Solo Emmanuel Macron si è sbilanciato, come fa spesso, in previsioni ottimistiche ma neanche troppo. Putin ha risposto con gentilezza a Trump e nella notte ha attivato droni sulle regioni di Zhytomyr, Dnipropetrovsk, Odessa, Donetsk, Sumy e Cherkasy. Poi ieri mattina gruppi di assalto russi hanno intensificato i tentativi per entrare a Sumy. È stata questa la risposta di Mosca ai summit romani nel giorno dei funerali di papa Francesco. Del resto, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier aveva messo in guardia chiunque dall’attendersi eventi eccezionali come frutto di brevi incontri riconducibili a «diplomazia funebre».
Eppure, sabato mattina in piazza San Pietro si era percepito l’aleggiare di un barlume (niente più che un barlume) di ritrovato spirito dell’Occidente. Del resto, se Trump aveva deciso di compiere quel defatigante viaggio per restare poche ore a Roma, lo ha fatto, certo, per rendere omaggio alla salma di un pontefice con il quale oltretutto non era in rapporti particolarmente cordiali. Ma anche per mostrare un volto amichevole nei confronti dell’Europa. E questo è stato il senso di ogni parola che ha pronunciato stringendo la mano a ogni leader del continente. Di modo che restasse una prova per immagini della sua intenzione di non infrangere del tutto gli «storici legami» con la Ue. Pur accusata in precedenti occasioni di esser nata al solo scopo di vivere «a scrocco» degli Stati Uniti.
Adesso che stanno per scoccare i cento giorni dal suo insediamento alla Casa Bianca si vedrà se quelle immagini riprese in Vaticano sono il segnale di qualcosa di reale o fumo negli occhi. E l’Ucraina sarà, com’è da oltre tre anni, il test decisivo per comprendere a che punto sono le relazioni atlantiche. Per l’Ucraina stessa, come è ovvio. E per l’Europa, quantomeno per quella parte di essa che si è convintamente impegnata ad aiutarla ancora a resistere.