Il vertice atlantico conclusosi ieri all’Aia è stato quello dei superlativi. Mai tanti soldi sono stati promessi, almeno sulla carta, in così breve tempo dai leader della Nato

Da ora in poi, per «tenere gli americani dentro e i russi fuori», gli europei pagheranno molto, ma molto di più. E quelli che spenderanno più denaro, saranno proprio i tedeschi, con buona pace di Lord Ismay, il primo segretario generale della Nato, che riassumendo il vero scopo dell’alleanza, li vedeva destinati a essere «tenuti giù». Il vertice atlantico conclusosi ieri all’Aia è stato quello dei superlativi. Mai tanti soldi sono stati promessi, almeno sulla carta, in così breve tempo dai leader della Nato, che si sono impegnati a stanziare il 5% del loro Pil per la difesa e la sicurezza, di cui almeno il 3,5% per le spese militari e l’1,5% per le infrastrutture, al più tardi entro il 2035.
Nessun altro presidente americano prima di Donald Trump era riuscito a far danzare tutti insieme gli alleati al suono del suo piffero. Mai, tuttavia la paura delle ubbie e degli umori di un solo uomo è stata così grande da ipnotizzare un’intera alleanza. Hanno sicuramente ragione i capi di governo europei, da Friedrich Merz a Giorgia Meloni, a definire storico il vertice olandese. Storiche sono le cifre scritte nel documento finale, anche se nel testo non mancano le ambiguità, come quella che consente alla Spagna di non impegnarsi oltre il 2%.
Storica e per nulla scontata è soprattutto la conferma dell’impegno alla difesa collettiva, quella fissata nell’articolo 5 del Trattato di Washington, che ancora 24 ore prima Donald Trump aveva messo in dubbio con uno dei suoi spettinati pensieri in libertà. Ma storica è anche la consapevolezza che questa volta nessuno possa dire quanto valga la dichiarazione finale.
Mark Rutte, il segretario generale dell’Alleanza, che già il giorno prima era stato autore di una imbarazzante lode di Trump, ieri ha rincarato la dose, mandando un messaggio privato al presidente americano, che questi si è subito affretto a condividere sui social: «L’Europa stanzierà enormi somme di denaro, com’è giusto. Questa è la tua vittoria». Al netto dell’adulazione, l’ineffabile olandese ha ragione: di fronte alla concreta minaccia dell’espansionismo russo, gli alleati europei non possono permettersi che gli americani li lascino da soli e si dicono pronti a pagare qualsiasi prezzo per tenersi buono un presidente così volubile e imprevedibile. Sapendo però che nell’universo trumpiano nulla è per sempre, e che i giuramenti di The Donald valgono molto poco.
Una cosa è certa: il vertice dell’Aia segna una svolta. Dopo le tre vite vissute dal 1949 ad oggi — quella eroica della Guerra Fredda, quella incerta e smarrita del dopo Muro di Berlino e la rinascita catalizzata dalla guerra di Putin contro l’Ucraina — la Nato cambia ancora una volta pelle. Ora gli europei, fosse pure con un po’ di finanza creativa, iniziano ad adattarsi alla progressiva diminuzione della presenza americana in Europa. Detto altrimenti, almeno così dicono gli impegni scritti all’Aia, si fanno maggior carico della propria sicurezza, che in futuro dipenderà sempre più dalla loro capacità di riempire il più velocemente possibile i vuoti lasciati dal disimpegno degli Stati Uniti.
Tutto bene quel che finisce bene? Non esattamente. Perché i superlativi dell’Aia alimentano un racconto punitivo e transattivo della difesa europea, mentre l’aumento dei bilanci per la difesa risponde a una necessità reale, quella di un mondo dove la sicurezza europea è minacciata in primo luogo dalla Russia neoimperialista di Putin. Un pericolo che fra l’altro Trump fa finta di ignorare o quasi: all’Aja non ha voluto rassicurare gli europei sulla difesa dell’Ucraina e si è rifiutato di inasprire le sanzioni contro Mosca.
Far contento il presidente americano, cedendo alla sua logica, non può essere il leitmotiv della Nato. Occorre cambiare metodo e discorso: le opinioni pubbliche europee, lo dice uno studio condotto in 12 Paesi dall’European Council on Foreign Relation, hanno capito la gravità della situazione. La difesa e l’unità dell’Europa è il compito che oggi la Storia ci ha assegnato. Meglio con gli alleati di sempre. Nel peggiore dei casi, anche senza.

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A.N.D.E.
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