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Intervista al leader di Azione che dice: “+Europa con Cuffaro nella tradizione radicale: credono che la loro purezza non ne risentirà”

Carlo Calenda, lei sta sabotando il centro?
«È vero esattamente il contrario. Noi siamo coerenti, gli altri fanno le ammucchiate».

Perché sareste coerenti e Renzi e Bonino no?
«Perché i nostri eletti alla fine finiranno tutti nello stesso gruppo, il Renew Europe. Mentre Maraio finirà nel Pse, Bonino nei Liberali, Cuffaro nel Ppe».

Lei Cuffaro l’ha resuscitato mediaticamente.
«Io?»

Attaccandolo sui 140 mila voti che controllerebbe.
«Ma a lei pare normale che un condannato per mafia possa fare una simile affermazione?».

Perché Bonino si allea con lui?
«Mi pare di capire che lei dica sia una tradizione radicale. Lo fecero già con Berlusconi. Sono convinti che la loro purezza ideale non ne risentirà. Io non la penso così e non avrei dato spazio a Cuffaro».

E lei che partita sta giocando?
«Una lista di competenti, composta da candidati che sanno l’inglese, coerenti, capaci di incidere in Europa. Lo sa vero che in Europa siamo terzultimi per incidenza?».

Cosa intende per incidenza?
«La capacità di incidere sui provvedimenti. E sa perché non vi riusciamo? Perché tendiamo a candidare i personaggi, le star, quando basterebbe mandare quelli bravi».

Ha annunciato la candidatura di Federico Pizzarotti.
«Uno che è stato un bravissimo sindaco di Parma, e che rompendo con +Europa porta con sé 40 amministratori locali e oltre 1300 iscritti. E correrà con noi anche Daniele Nahum, che ha lasciato il Pd di Milano, stufo delle contraddizioni del suo partito».

Quali contraddizioni?
«Di un partito che si schiera per l’invio di armi in Ucraina e poi candida Marco Tarquinio e Cecilia Strada, che sono contrari. E Giorgio Gori, che invece è favorevole. È il Pd del ma anche».

Ce la farete a superare il 4 per cento?
«Come si vede dai recenti ingressi, e dai nuovi arrivi, Bonetti e Rosato, Azione è attrattiva. Ricordo lo stesso scetticismo quando mi candidai a sindaco di Roma, dicevano che avrei preso l’8 per cento, invece arrivammo al venti».

Con Renzi e Bonino la soglia era a portata di mano.
«Non possiamo ragionare per sommatorie. Emma Bonino ha preferito Mastella a Cottarelli. E candida Librandi, un putiniano, mentre noi schieriamo Alessandro Tommasi, il fondatore di Will, il generale Camporini, e Mario Raffaelli, un’autorità nella Cooperazione internazionale».

E la sua coerenza qual è? Con Soru in Sardegna, a sinistra in Abruzzo, con la destra in Basilicata.
«Noi cerchiamo sempre di lavorare con l’opposizione. Ma in Basilicata non è stato possibile perché Conte ha posto il veto».

E così appoggerete Bardi.
«Un europeista perbene, non è certo Truzzu, il Trux, il candidato della destra in Sardegna».

Come si chiamerà la vostra lista?
«Siamo Europei, come nel 2019, quando mi candidai col Pd e presi 280mila voti».

Che idea si è fatto del caso Puglia?
«Ho sempre pensato male di Emiliano, tanto che ci candidammo contro di lui».

Cosa pensa dell’attacco di Conte al Pd?
«Penso che sarà il Dracula del Partito democratico».

Lei è sempre stato ostile all’alleanza col M5S.
«Conte fa il suo cinico gioco. Il candidato premier lo vuole fare lui. Terrà il Pd sulle spine fino alla fine e poi porrà le sue condizioni».

Cosa farebbe al posto di Schlein?
«Mollerei Conte. Anche perché al Nord non esiste».

Come può pensare di farcela da sola, la segretaria?

«Fossi in lei andrei da solo, cercando di recuperare il consenso perduto. E quando si saranno ristabilite un po’ le distanze a quel punto Conte tornerà al suo posto, come merita».

Detta così sembra facile.
«Ma non vedo alternative. Non si può rimanere appesi ai suoi capricci».

La verità è che la destra marcia unita, a sinistra ci si divide.
«Ma se resta con Conte il Pd rimarrà impigliato nella tela di un qualunquista. Un uomo di destra. E non me lo auguro».

Lei cos’è?
«Un liberale».

Però tende a rompere i legami, l’ha fatto anche con Renzi.
«Con lui non si può lavorare».

Anche lei ha un bel caratterino.
«Però cerco di essere coerente, faccio l’opposizione, mentre i suoi hanno contribuito a eleggere sotto banco La Russa presidente del Senato».

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