Juraj Cintula, 71 anni, è stato arrestato dalla polizia poco dopo l’assalto. L’opposizione: «Non era nostro tesserato». Il figlio: «Non parlava di attentati»

Girava armato, come Majakovskij; come Majakovskij scriveva poesie e manifesti politici. E se il cantore russo della rivoluzione d’ottobre si tolse la vita a trentasei anni,  Ma chi è Cintula, poeta e attentatore, pensionato di paese e attivista nonviolento, ex miliziano nazionalista e progressista sedicente? Detestava Robert Fico? «Non so, certo non lo ha votato», ha detto il figlio al sito di notizie Aktuality.sk. «Forse deve aver avuto un corto circuito mentale». Non era sottoposto a cure psichiatriche. Non aveva mai parlato di attentati. Eppure ecco le sue foto di ieri a terra, immobilizzato dalla polizia, sporco di sangue. Non scalcia neppure. Ed ecco le immagini dell’interrogatorio, diffuse ieri sui social senza ufficialità: si vede Cintula in caserma a dirsi «in disaccordo con le politiche del governo». Chiede perché una radio viene attaccata, perché un magistrato di rilievo, Jan Mazák, è stato licenziato.
Secondo la tv slovacca Cintula contestava i provvedimenti del governo «volti a limitare la libertà di stampa» epianificava l’aggressione a Fico già da un mese. Juraj Cintula aveva fondato nel 2016 un comitato anti-violenza, che nel suo canale YouTube descriveva, a beneficio di 12 abbonati, come «un partito emergente che vuole fermare la diffusione della violenza nella società. Prevenire la guerra in Europa. Fermare il dilagare dell’odio». Un amico, e cofondatore del comitato, dice ai media di non credere che l’attentatore sia lui. «Nemmeno se ne vedo le foto. Sono foto di spalle. Non voglio giudicarlo. Sono scioccato». Non manca il vicino di casa, a Levice, sonnolento capoluogo da 33 mila abitanti, che lo definisce sempre a Aktuality.sk «una persona fantastica. Passeggiava ogni giorno mano nella mano con la moglie». Settantasette chilometri più a Nord, nella città di Handlova, ieri Juraj Cintula si è dimesso da vicino ideale.
Perché? Cosa è successo tra il maggio 2016 in cui pontificava di non violenza su YouTube e l’attentato? Pochi mesi dopo, a settembre 2016, per esempio, Cintula era finito per la prima volta in tv. Con un occhio nero, come vittima: lavorava come esbéskár, vigilante privato, in un supermercato, e un cliente strafatto lo aveva preso a pugni e buttato a terra. Dopo tre settimane di convalescenza, Cintula si era fatto dare il porto d’armi. E da allora girava con la pistola con cui ieri ha sparato al premier. Dal 2015 era iscritto alla gilda nazionale degli scrittori, e aveva fondato nella sua cittadina un Club Letterario Dùha. I suoi libri di poesie: Il sogno di un ribelle (2006), l’erotico Dittici (2007), Vespe (2008).
Cintula dichiarava di votare il partito Slovacchia Progressista, ora all’opposizione. E il presidente del partito Michal Simecka ieri ha preso subito le distanze, dicendo che «non era un tesserato né un nostro militante». Ma poi nella sua quarta raccolta di versi, Efata, dedicata alle popolazioni sinti e rom di Slovacchia, chiedeva per loro «una giusta severità», perché «sono falsi ciechi che vedono benissimo e sfruttano gli Stati». Nel 2016 si era unito alla milizia dei Coscritti Slovacchi, vicina all’estrema destra e filorussa: «Giovani patrioti, che vogliono proteggere il Paese, la tradizione, la cultura» e disposti a farlo «senza attendere ordini dallo Stato».
Gli Slovenski Branci si sono sciolti due anni fa, e due anni fa, dopo l’invasione dell’Ucraina, Cintula condannò Putin definendolo «un aggressore». Idee politiche confuse; eppure scandagliate oggi alla luce dell’attentato e ghiotte per i filorussi che già gridano al «complotto di Soros». Un classico dei complottisti è che la presidente Zuzana Caputova, di Slovacchia Progressista, sia una marionetta del miliardario. Lo stesso che nella disinformazia social avrebbe armato, ieri, la mano del pensionato diventato regicida.

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