
Gaza2
La presidente della Commissione: «I Paesi asiatici vogliono avere una cooperazione strutturata con l’Ue, e ho detto che possiamo pensare a questo come a una ridefinizione del Wto». Gli Usa sarebbero invitati? «Loro hanno lasciato questo gruppo»
«Non possiamo perdere di vista la situazione umanitaria a Gaza, che rimane abominevole e insostenibile. Gli aiuti umanitari devono raggiungere Gaza immediatamente, senza ostacoli, rapidamente e in quantità adeguata. Continueremo a chiedere un cessate il fuoco sostenibile e il rilascio degli ostaggi, affinché si giunga a una cessazione definitiva delle ostilità». Lo ha detto la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen al termine del vertice Ue.
«Possiamo pensare a una ridefinizione del Wto»
«Ho presentato al Vertice le diverse opzioni che abbiamo, con molti altri Paesi che vogliono avere accordi di libero commercio. Ma ho presentato anche il Cptpp (l’intesa sulle relazioni trans-pacifiche): i Paesi asiatici vogliono avere una cooperazione strutturata con l’Ue, e ho detto che possiamo pensare a questo come a una ridefinizione del Wto. Evitando di ripetere errori del passato e mostrando al mondo che il libero commercio è possibile». Lo ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen in conferenza stampa. Se gli Usa sarebbero invitati? «Loro hanno lasciato questo gruppo», ha detto.
Il vertice
Sulla carta – ovvero le conclusioni del Consiglio Europeo – resta più o meno come si prevedeva alla vigilia del vertice: un invito «a continuare la discussione sul seguito da dare» alle conclusioni del dossier sulle violazioni ai diritti umani perpetrate da Israele a Gaza e in Cisgiordania. Ovvero l’opzione leggera, date le divisioni che permangono tra i 27. La novità però è che il presidente Antonio Costa, sulla base del dibattito che si è svolto al Justus Lipsius, ha incaricato l’alto commissario Kaja Kallas di «proporre possibili misure» al prossimo Consiglio Affari Esteri di luglio.
Insomma, va bene stare fermi, ma immobili no. L’ampia maggioranza che ha portato Kallas a innescare la revisione del Consiglio di associazione con Israele – 17 Paesi su 27, con un astenuto – resta sostanzialmente la stessa anche al tavolo dei leader, sebbene non si possa definire un blocco omogeneo. Il premier spagnolo Pedro Sanchez ha ribadito la sua posizione con veemenza («A Gaza c’è una situazione catastrofica di genocidio») e ha annunciato che avrebbe chiesto ai suoi pari «la sospensione immediata di questo accordo». Retorica, perché non c’è il consenso necessario al Consiglio per procedere. Resta il fatto che tra i 17 monta l’esasperazione, specie tra alcuni (Belgio, Irlanda e Svezia, ad esempio).
Madrid convoca l’incaricato d’affari di Israele in Spagna
Il ministero degli Esteri spagnolo ha convocato l’incaricato d’affari di Israele a Madrid, Dan Poraz, in protesta per un “inaccettabile comunicato” diramato i dall’ambasciata israeliana nel Paese iberico: lo riferisce l’agenzia Efe. La nota si riferiva a dichiarazioni su Gaza pronunciate da Pedro Sánchez, al suo arrivo al Consiglio europeo. Il premier spagnolo aveva chiesto “l’immediata sospensione” dell’accordo di associazione Ue-Israele per le “flagranti violazioni” dei diritti umani a Gaza da parte dello Stato ebraico. L’ambasciata israeliana aveva risposto accusando Madrid di aver “intrapreso una crociata anti-israeliana”.
Il mandato alla Kallas
Anche tra i nove Paesi che non hanno votato per la revisione – Germania, Ungheria, Italia, Repubblica Ceca, Croazia, Cipro, Lituania, Grecia e Bulgaria – ci sono però posizioni distinte: solo Budapest, ormai, si oppone ad applicare sanzioni ai coloni violenti. E di distinguo in distinguo, si rischia la paralisi. Ecco perché Costa, usando le sue prerogative, ha chiesto a Kallas di andare avanti. Poi si vedrà quali saranno le soluzioni proposte (anche non fare nulla è un’opzione) e come si porranno le capitali al Consiglio. Intanto i 27 ribadiscono la richiesta del «cessate il fuoco immediato a Gaza» e del rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi, che porti alla fine permanente delle ostilità; inoltre «deplora la terribile situazione umanitaria a Gaza, il numero inaccettabile di vittime civili e i livelli di fame. Invita Israele a revocare completamente il blocco» contro la Striscia. Kallas – a quanto si apprende – tenterà ora l’ennesima manovra di pressione sulle autorità israeliane per vedere di ottenere dei risultati, usando come pungolo proprio la discussione sulla revisione, giudicata di per sé «uno strumento di leva».
Il nodo Ucraina
L’altro grande tema, come sempre, è l’Ucraina. Il presidente Volodymyr Zelensky si è collegato in videoconferenza mentre stava rientrando a casa da Strasburgo. I leader hanno approvato le conclusioni a 26, data la continua opposizione di Viktor Orban a cooperare. Quando si tratta di Ucraina, se può bloccare blocca (a meno che, selettivamente, non ottenga in cambio qualcosa per non farlo). L’ultima impuntatura è sull’apertura del capitolo negoziale fondamentale – il primo – nel processo di adesione di Kiev all’Ue. Tanto più che ora può sbandierare i risultati del dubbiosissimo referendum in cui il 95% degli ungheresi si sarebbe opposto all’ingresso dell’Ucraina. Nessuno si aspetta che la questione si sblocchi prima delle elezioni, previste per la primavera del 2026. Ecco perché, sia per l’Ucraina che per la Moldavia, si sta pensando nei fatti di «hackerare» la procedura: i tavoli di lavoro tecnico andranno avanti come se i capitoli fossero stati aperti e poi, quando Budapest sarà pronta, si potranno aprire e chiudere simultaneamente grazie al suo voto. E non si perderà tempo.
Nuove sanzioni a Mosca
Nelle conclusioni a 26 il Consiglio Europeo «invita gli Stati membri a intensificare ulteriormente gli sforzi per rispondere alle urgenti esigenze militari e di difesa dell’Ucraina». E «ribadisce il proprio impegno, anche nel quadro del percorso di adesione, a sostenere la riparazione, la ripresa e la ricostruzione del Paese», guardando a questo proposito «con interesse» alla Conferenza sulla ricostruzione che si terrà a Roma «il 10 e 11 luglio». Infine l’Ue si dice pronta «ad aumentare le pressioni» su Mosca, «anche con un nuovo robusto pacchetto di sanzioni». Che dovrebbe essere esaminato domani dagli ambasciatori. Il tutto in linea ormai con il motto dell’Ue al riguardo: se c’è la volontà, una strada si trova.
Una roadmap per la difesa comune
I 27 leader Ue hanno incaricato la Commissione e l’alto rappresentante Kaja Kallas di presentare «una tabella di marcia» entro ottobre per raggiungere l’obiettivo della prontezza comune – ovvero il piano di riarmo europeo, ndr – in materia di difesa entro il 2030. I 27 hanno poi sottolineato la necessità di affrontare, in modo urgente, «le carenze critiche in termini di capacità, il finanziamento dell’aumento delle spese per la difesa e la promozione di partenariati con partner che condividono gli stessi principi».