prigione

Un compleanno senza il decreto attuativo che rende operativo il provvedimento. È lil tipico esempio di della distanza tra annunci e (non) attuazione degli annunci

Buon compleanno al decreto-legge n.92 del 4 luglio 2024 sulle carceri, ma ancora senza decreto attuativo che pure era previsto entro 6 mesi: ora, come candelina, il Ministero della Giustizia accenderà forse un’azione disciplinare nei confronti di sé stesso?
L’anniversario, infatti, illumina un esempio di disallineamento tra annunci e (non) attuazione degli annunci; di disinvoltura nel passare da una promessa all’altra come da una liana all’altra senza mai atterrare nella realtà; e della contraddittorietà di una politica propensa a rimproverare inadempienze altrui, ma indulgente verso le proprie.
Un anno fa, esattamente come oggi, il governo Meloni-Nordio presentava il decreto legge n.92 come un intervento «vasto e strutturale», giammai «decreto svuota carceri» ma anzi «decreto carceri sicuro», che, senza «indulgenze gratuite» e «segnali di sciatteria o debolezza dell’autorevolezza dello Stato», avrebbe alleggerito il sovraffollamento, interrotto la paurosa spirale statistica dei suicidi nei penitenziari, e migliorato le condizioni di vita nelle celle.
Dati alla mano, dopo 12 mesi nessuno di questi tre obiettivi è stato neanche lontanamente centrato, ma il punto più singolare è un altro.Il decreto 92 del 4 luglio 2024, infatti, nel condivisibile intento di favorire le condizioni per il passaggio dal carcere agli arresti domiciliari dei molti detenuti con modeste pene residue ma privi di un idoneo domicilio e in condizioni socio-economiche non sufficienti a garantirsi il sostentamento, istituiva un elenco di strutture residenziali per l’accoglienza e il reinserimento sociale: solo che per definire i criteri di formazione e aggiornamento di questo elenco di strutture, i requisiti di qualità dei servizi da erogare, le spese da recuperare, i presupposti soggettivi e di reddito per l’accesso dei detenuti a queste strutture, il testo rinviava – a dispetto dell’«urgenza» presupposto del decreto legge – all’adozione di un decreto attuativo del Ministro della Giustizia entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione. Son passati non 6 ma già 12 mesi, eppure il decreto del Ministero di Nordio non si è visto. E lo stesso è accaduto per il regolamento che, in teoria anche qui entro 6 mesi, avrebbe dovuto chiarire il nuovo iter (più semplice per il Ministero, più incerto per gli operatori) di concessione della ordinaria «liberazione anticipata» di 45 giorni per ogni semestre di pena espiato.

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