DONNE
Fonte: Corriere della Sera

Ci hanno detto che non sta bene cambiare le regole del gioco durante la partita in corso e anche stavolta, come per la legge elettorale nazionale passata alla Camera, non passa in Senato la preferenza di genere: 157 voti a favore, 34 contrari/e e 23 astenuti/e (Sel è uscita dall’aula per protesta).

Fatte salve improbabili modifiche alla Camera, l’equilibrio di genere nella legge elettorale europea entrerà in vigore solo nel 2019, con il 50% nella composizione delle liste e la preferenza alternata di genere, con le prime due candidature di sesso diverso.

La partita. Si tratta di un match con “biciclette” fra persone dello stesso sesso, progettate da un pezzo, dove l’equilibrio di genere non è che un inquilino scomodo che arriva a scompaginare gli accordi nelle liste. Mai che si giochi a squadre miste, nelle “formazioni sociali” (mi si passi l’ironia calcistico-costituzionale). E la natura dell’accordo è manifestamente maschile ed extraparlamentare, e va ben oltre la partita della legge elettorale europea, di quella italiana, della riforma del Senato. Ed è purtroppo stato accettato da autorevolissime senatrici; un’abiura rispetto al testo iniziale che sconforta.

Eppure le regole prime, quelle da rispettare senza mezzi termini, sono già state scritte. La Costituzione è in vigore dal 1.1.1948, con l’art. 3, ed è stata notoriamente novellata in melius con l’art. 51 sul principio delle pari opportunità nel 2003; la giurisprudenza amministrativa lo riconosce come precettivo da più di un lustro e va quindi applicato introducendo norme antidiscriminatorie.

Ma il Senato ignora anni di passi in avanti su questo, che hanno portato aleggi regionali importanti, come quella campana e quella siciliana, sulladoppia preferenza alternata di genere, applicata anche per le elezioni negli enti locali con l’entrata in vigore della legge n. 215/2012, all’equilibrio di genere nelle Giunte.

E non è un caso che vi sia anche il no all’abbassamento della soglia di sbarramento, alla circoscrizione per la Sardegna, ignorando una degna rappresentanza alle minoranze etnico-linguistiche: tutto questo è oggetto di ricorsi che abbiamo presentato in tutte le circoscrizioni d’Italia, primo sottoscrittore Felice Besostri, già patrocinatore del ricorso contro la legge Calderoli: sarà il giudice ordinario a decidere se mandare tutto alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia europea.

A maggio, mentre per comunali e provinciali esprimeremo la preferenza alternata di genere (l’elettore/trice può esprimere nessuna, una o due preferenze di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda), già sottoposta positivamente al vaglio della Corte Costituzionale, alle europee, in caso di tripla preferenza, solo al terzo posto è previsto che ce ne sia una di sesso diverso, a pena di annullamento della terza preferenza. Cioè si possono votare ai primi due posti due uomini, con tutta probabilità si voteranno due uomini e le donne rischiano di essere fortemente penalizzate.

Insomma, c’è chi la definisce un’elemosina. Sapete, ho a casa una foto molto carina scattata a Stratford, a due passi dalla casa di Shakespeare, nel 1991: una ciotola di acqua con su scritto Thirsty Dogs (cani assetati). Insomma, se è carino chi offre da bere ad animali randagi in Inghilterra, mai immaginavo che quella bella foto potesse oggi avere un suono così sinistro. Alla sete di partecipazione delle donne e al dettato costituzionale si risponde con un contentino.

Già, al dettato costituzionale. Ne abbiamo scritte di cose negli ultimi anni, prima e dopo la riforma costituzionale del 2003, molte nei tribunali e sono in atti, a disposizione di tutti/e. Spiace che si dia della “china poco raccomandabile” (questo è Piero Ostellino in risposta alla collega costituzionalista Marilisa D’Amico) al Consiglio di Stato e soprattutto alla Costituzione.

Eppure è “china”, inchiostro indelebile, nel nostro ordinamento, che il voto parlamentare non può cancellare.

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