Lo zar vuole porsi come alternativa all’Occidente e punta le sue carte sul Medio Oriente. E a Mosca incontra il presidente iraniano

Ritornato sulla scena internazionale, Vladimir Putin punta ora le sue carte sul Medio Oriente: visita-blitz in Arabia Saudita e negli Emirati oltre che un incontro a Mosca con il presidente iraniano. Non a caso, Vladimir Vladimirovich è tra i «finalisti» del settimanale Time per il titolo di uomo dell’anno. Anche se non dovesse essere scelto, è chiaro che in questo periodo sembra proprio che non gliene vada una storta. Assieme a Riad ha praticamente assunto la guida dell’Opec+, il tradizionale cartello dei produttori di petrolio. In Ucraina la situazione è stabile e, anzi, i russi sono convinti di essere in vantaggio.
Nel conflitto in corso tra Israele e Hamas, Putin ha diversi assi in mano. Gerusalemme è scontenta dei suoi rapporti con Hamas, ma non può far nulla perché ha bisogno della Russia in Siria e per tenere a bada l’Iran. Il presidente russo però ora punta molto di più sull’amicizia con i Paesi arabi e con la stessa Hamas. In questi giorni ha ottenuto la liberazione unilaterale di ostaggi con passaporto russo e la promessa che altri seguiranno presto. Tramite il Qatar, è stato appena concluso il ritorno di altri bambini in Ucraina. Così, sentendosi sempre più forte, Putin spinge sull’acceleratore, anche perché alle elezioni presidenziali di primavera vuole segnare un nuovo record, farsi rieleggere con un plebiscito. In Arabia e negli Emirati arriva con mezzo governo e perfino con la governatrice della Banca centrale Elvira Nabiullina. Contemporaneamente ha spedito un viceministro della Difesa per un tour nei Paesi africani più «interessanti»: Libia, Niger, Burkina Faso e Mali.
Nella missione in Medio Oriente si parla di scambi commerciali, di Opec+, di collaborazione e, naturalmente, della situazione sia a Gaza che in Ucraina. La Russia vuole rafforzare la sua posizione di centro di attrazione alternativo a quello che definisce con tono sprezzante «l’Occidente collettivo». Putin punta a convincere Emirati, Arabia e Iran a entrare nel Brics, il gruppo di Paesi «emergenti» (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) del quale vorrebbe assumere la guida. Su questo fronte Mosca deve ovviamente fare i conti con Pechino che ha un peso specifico decisamente maggiore e da cui oramai Putin dipende sempre più. Sia per vendere il suo petrolio e il suo gas, sia per importare quei beni che non può più comprare altrove a causa delle sanzioni. Da questo punto di vista sono importantissimi anche altri Paesi, come le ex repubbliche sovietiche e gli stessi Emirati: quest’anno l’interscambio con questi ultimi è salito del 63 per cento.
L’ideale, stando alla versione del portavoce del Cremlino Peskov, sarebbe poi chiudere la partita ucraina con un accordo, vista la «stanchezza» manifestata da alcuni Paesi occidentali: «Noi preferiamo sempre i mezzi diplomatici e politici», sostiene Peskov.

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