Gli organi internazionali, dall’Onu ai tribunali, rischiano di essere destinati a perdere il carattere dell’imparzialità

Prima circostanza di fatto: il 13 giugno scorso Israele ha aperto le ostilità contro la Repubblica islamica dell’Iran lanciando un devastante attacco aereo contro il suo territorio. Non c’è dubbio: Israele ha aggredito l’Iran, e a tutti gli effetti del diritto internazionale è uno Stato aggressore.  Così come certamente uno Stato aggressore sono da sabato notte gli Stati Uniti. Dove il presidente Trump ancora una volta ha fatto mostra del suo modo di agire.
Un modo lunatico e rischioso condito dai soliti toni trionfali nella circostanza quanto mai inopportuni.
Ma se queste sono circostanze di fatto sotto gli occhi di tutti, ve ne sono pure altre che è giusto ricordare.
Ad esempio che fino a ieri e per anni ed anni la suddetta Repubblica islamica dell’Iran ha organizzato, finanziato e massicciamente alimentato, in ogni modo possibile, l’esistenza in Libano del movimento islamista Hezbollah, allo scopo, fino a poche settimane fa riuscito, di farlo diventare di fatto il governo ombra di quel Paese e di dar vita, a partire dal territorio libanese, a una serie di ininterrotte attività militari contro il confinante Israele, nella forma soprattutto del lancio di migliaia di razzi contro il suo territorio. Attività che negli anni hanno prodotto un considerevole numero di morti e feriti.
Ancora: sempre da un numero imprecisato di anni l’Iran aiuta e sostiene in ogni modo possibile anche le azioni di Hamas, un movimento politico-terroristico palestinese, con base nella striscia di Gaza, il quale si prefigge apertamente l’eliminazione di Israele. La sua ultima e notissima impresa: l’uccisione il 7 ottobre del 2023 di circa 1200 cittadini israeliani e la cattura di oltre 250 ostaggi deportati nella striscia di Gaza stessa.
Eppure, sebbene sia questa la realtà di fatto meno recente —una realtà riconosciuta da tutti come tale — su un altro piano, invece, la realtà appare assai diversa. Secondo notizie reperibili nella rete, infatti, a petto di ben 73 risoluzioni delle Nazioni Unite che a partire dai primi anni ‘50 hanno condannato Israele per i più svariati motivi ma tutti riferibili alle diverse guerre che l’hanno opposto ai Paesi arabi e alle sue politiche nei confronti dei palestinesi, a petto di queste 73 risoluzioni, dicevo, non se ne conta neppure una che abbia condannato l’Iran per le sue attività anti israeliane: sebbene da sempre notissime e orgogliosamente rivendicate dallo stesso governo di Teheran. La Repubblica islamica è stata sì ripetutamente sanzionata dalle Nazioni Unite, ma unicamente per le spietate politiche repressive praticate al proprio interno ovvero a causa delle sue più che sospette attività nell’ambito nucleare. Mai però per la sua attività aggressiva svolta diciamo così per interposta persona, contro lo Stato ebraico.
Sarebbe da sciocchi chiedersi perché.La risposta è ovvia: perché a eccezione delle deliberazioni del Consiglio di Sicurezza — dove vige il diritto di veto che fa sì che assai raramente essi arrivino all’approvazione — tutte le altre risoluzioni dell’Onu sono prese a maggioranza da un’Assemblea generale nella quale gli oltre cinquanta Stati islamici sommati a Russia e Cina e ai Paesi del cosiddetto «Sud globale», genericamente «antisionisti» e ostili a tutto quanto sappia troppo di Occidente, hanno una prevalenza schiacciante.Si spiega così, per fare un esempio, come sia possibile che all’Onu non sia mai stata votata alcuna formale risoluzione di condanna per violazione dei diritti umani o altro a carico della Cina: uno Stato che ha il record mondiale delle condanne a morte, che usa contro i propri cittadini i più raffinati e invasivi metodi di controllo e di privazione della libertà (a cominciare da quella religiosa: alla pari del resto con quasi i Paesi islamici dove non è possibile neppure aprire un chiesa); uno Stato che nel Tibet, annesso illegalmente, ha instaurato un regime spietatamente repressivo, che lo stesso ha fatto a Hong Kong in barba a tutti gli accordi sottoscritti, che infine ha trasformato lo Xinjiang , un’ intera regione del suo territorio abitata da una popolazione islamica, in un gigantesco campo di concentramento e di rieducazione ideologica forzata.
Mi domando allora che immagine si possa e si debba avere del diritto internazionale se sono questi i criteri di valutazione che ispirano l’Onu cioè, almeno in teoria, la massima assise della moralità internazionale e dei suoi valori: i medesimi, per l’appunto, che dovrebbero essere rappresentati dal suddetto diritto.
È difficile sottrarsi al dubbio, insomma, che il diritto internazionale e il retroterra etico che dovrebbe essere il suo, allorché si trasferiscono sul piano della valutazione dei comportanti eminentemente politici degli Stati e dei loro organi, sia destinato fatalmente a perdere il carattere dell’imparzialità – cioè il carattere costitutivo per antonomasia di ogni diritto e di ogni etica — per diventare qualcosa d’altro. Come del resto è difficile che non accada anche per gli stessi tribunali internazionali giudicanti in materia criminale, i quali per statuto operano sempre in qualche forma di collegamento con le Nazioni Unite e i cui membri sono sempre scelti dagli Stati e non possono che essere scelti da essi. A cominciare da quel Tribunale penale internazionale dell’Aia i cui noti verdetti in materia di crimini di guerra hanno punteggiato le cronache recenti.
Il fatto è che però quelle risoluzioni dell’Onu, quel diritto internazionale, quei tribunali, quei verdetti, sono all’istante rimbalzati ed amplificati incessantemente dai media e dai social, hanno un’eco potentissima e producono un altrettanto potente effetto politico. Agli occhi dell’opinione pubblica essi finiscono per figurare come la definizione della verità, del giusto e dell’ingiusto, per asserire la colpevolezza degli uni e l’immunità dalla colpa degli altri.«L’ha dichiarato l’Onu!», »L’ha stabilito un tribunale internazionale!», si sente dire: laddove troppo spesso, invece, si tratta unicamente della solita vecchia politica, con il suo solito corredo di interessi e di pregiudizi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

A.N.D.E.
Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.