La destra e l’estrema destra crescono, in Europa, ma secondo le proiezioni le tradizionali forze europeiste  restano la maggioranza – tanto da far dire all’attuale presidente della Commissione europea, von der Leyen: «Abbiamo vinto»

La destra e l’estrema destra si affermano in Europa, si scuotono alcuni Paesi Ue (Macron in Francia ha sciolto il Parlamento, De Croo in Belgio si è dimesso), ma gli equilibri del nuovo Parlamento europeo non cambieranno: secondo le proiezioni della notte i deputati delle forze tradizionali europeiste resteranno la maggioranza tra i 720 eletti dai 27 Stati membri. Già poco dopo le 9 di sera era evidente che il Partito popolare europeo si sarebbe confermato la prima forza dell’emiciclo, in linea con i sondaggi dei giorni precedenti il voto. E infatti la presidente uscente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha fatto la campagna elettorale da candidata leader del Ppe — per un secondo mandato alla guida dell’esecutivo comunitario, non per un posto in Parlamento — ha esultato ancora prima di avere i risultati definitivi: «Abbiamo vinto le elezioni europee, siamo il partito più forte, ancora di stabilità, e questo è un grande messaggio».
Questo cosa vuol dire? Prima i numeri. Il Ppe ottiene secondo le proiezioni dell’una di notte 189 seggi, i socialdemocratici 135, i liberali di Renew Europe 83, i conservatori dell’Ecr 72, l’estrema destra di Identità e democrazia 58, i Verdi 53 e la Sinistra con 35, i non iscritti 45 e 50 i deputati non affiliati a un gruppo. Indietreggiano i Verdi che da quarto gruppo nella legislatura che si conclude diventano il sesto.
Il Partito popolare è «la più grande forza al Parlamento europeo e nessuna maggioranza potrà essere formata senza il Ppe. Costruiremo un bastione contro gli estremisti da sinistra e da destra», ha detto von der Leyen. Cosa comporti in termini di alleanze lo ha spiegato il presidente e capogruppo del Ppe Manfred Weber: «Invito i Socialisti e Renew a unirsi a noi per un’alleanza pro-europea», ha detto dal palco allestito nell’aula della plenaria per la notte elettorale. «Invito il presidente francese, Emmanuel Macron, a confermare von der Leyen alla Commissione», ha aggiunto. Perché sono i leader Ue a designare la/il presidente della Commissione tenuto conto dell’esito delle elezioni. E cinque anni fa i leader Ue decisero (soprattutto Macron) che non sarebbe stato Weber, allora Spitzenkandidat del Ppe, a guidare la Commissione ma von der Leyen.
La campagna elettorale è finita e ora i toni tornano ad abbassarsi, anche perché come ha spiegato la presidente uscente del Parlamento europeo Roberta Metzola «qui si governa per maggioranze»e non c’è la dialettica governo/opposizione a cui siamo abituati nei Parlamenti nazionali. La crescita dell’estrema destra è però reale e richiede risposte. Metsola, che è data per favorita per un secondo mandato alla guida dell’emiciclo, ha sottolineato che è necessario capire il voto e tenere conto delle scelte fatte da tutti gli elettori. I socialisti hanno ammesso la vittoria del Ppe: «Rispettiamo assolutamente il principio dello Spitzenkandidat», ha detto il vicepresidente del gruppo S&D, Pedro Marques, congratulandosi con von der Leyen, ma ha anche subito posto le condizioni per appoggiarla: «L’importante è plasmare un programma per la Commissione. Parliamo delle politiche ed è da questo che dipenderà il nostro sostegno». Marques ha poi ribadito che «è fondamentale che non ci sia nessuna coalizione con Ecr e Id. Se altri gruppi dovessero essere chiamati ai tavoli negoziali, devono essere pro Europa e democratici». Il programma è centrale anche per i Verdi: «Il Green Deal e il rafforzamento della democrazia europea saranno fondamentali per noi», ha dichiarato il co-presidente dei Verdi Philippe Lamberts.
I liberali si riconfermano il terzo gruppo nonostante il pessimo risultato in Francia del partito di Marcon. E il posizionamento non è assicurato, molto dipenderà dalla campagna acquisti dell’Ecr. Se aprirà le porte o meno a Fidesz, il partito del premier ungherese Orbán: un ingresso che potrebbe anche portare a delle uscite. Mentre l’Id, che beneficia del grande successo del Rassemblement National di Marine Le Pen in Francia, non può capitalizzare i risultati dell’AfD che in Germania è il secondo partito dietro alla Cdu/Csu e davanti all’Spd del cancelliere Scholz. L’AfD, che è stato espulso dall’Id, ha l’obiettivo di rientrarvi, escludendo dalla delegazione Maximilian Krah, l’eurodeputato finito al centro della polemica per le sue frasi controverse sulle SS.
Per Rosa Balfour, che dirige il think tank Carnegie Europe, un possibile scenario dei nuovi equilibri sarà «un’agenda influenzata dalla destra: con il rallentamento nell’applicazione del Green Deal e una frammentazione su altri dossier come l’Unione bancaria e del mercato dei capitali».

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