L’incontro a Ginevra tra i ministri degli Esteri di Germania, Francia, Gran Bretagna, l’alta rappresentante Ue e il ministro degli Esteri iraniano. Lo scopo: fermare l’escalation, evitare il coinvolgimento degli Usa
Dopo la telefonata di lunedì scorso, l’incontro di persona. Venerdì 20 giugno a Ginevra i ministri degli Esteri di Germania, Francia, Gran Bretagna (il formato E3) e l’Alta rappresentante Ue incontreranno il ministro degli Esteri iraniano nel tentativo di fermare l’escalation in corso tra Tel Aviv e Teheran ed evitare il coinvolgimento degli Stati Uniti.
Ieri il ministro degli Esteri britannico David Lammy ha incontrato a Washington il segretario di Stato Usa Marco Rubio, nel tentativo di fare da ponte con la riunione di oggi. In un comunicato a tre con l’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas, gli europei hanno ribadito mercoledì «la convinzione che tutte le parti debbano dar prova di moderazione, astenersi dall’adottare misure che possano portare a un’ulteriore escalation nella regione e tornare alla diplomazia» e hanno sottolineato «il loro impegno a contribuire e a raggiungere una soluzione negoziata al programma nucleare iraniano».
Ieri il cancelliere tedesco Merz ha avuto un colloquio con il premier israeliano Netanyahu, durante il quale Berlino ha chiesto moderazione nella campagna di Israele contro l’Iran. E questo è il messaggio che porterà a Ginevra il ministro degli Esteri Johann Wadephul: trovare una soluzione diplomatica al conflitto.
Anche il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot è stato incaricato di una «missione diplomatica» per fermare la guerra. A Ginevra i capi della diplomazia francese, tedesca e britannica con l’Alto rappresentante Ue cercheranno di convincere il loro omologo iraniano, Abbas Araghchi, ad accettare un controllo più invasivo sul programma nucleare da parte dell’Aiea e sulle attività balistiche dell’Iran.
Questo, secondo gli europei, potrebbe convincere Donald Trump a riprendere i colloqui con Teheran e a spingere su Israele per ottenere un cessate il fuoco. Il governo di Londra intanto sta mettendo pressione diretta sull’amministrazione americana per impedire un attacco all’Iran: «C’è un grande rischio di escalation nella regione», ha detto il primo ministro Keir Starmer. «Dunque sono stato chiaro in tutte le mie discussioni che c’è bisogno di de-escalare».
Il capo del governo britannico ha fatto appello a «mantenere la mente fredda e a tornare alla diplomazia». Privatamente, i britannici hanno fatto presente agli americani che un intervento in Iran potrebbe scatenare un’ondata terroristica in Europa. Ma i colloqui di ieri fra Lammy e Rubio sono serviti anche a delineare il possibile supporto britannico in caso di attacco Usa. Trump potrebbe infatti chiedere l’utilizzo delle basi militari di Londra, in primo luogo quella di Diego Garcia, nelle isole Chagos: è da quella base, nell’Oceano Indiano, che dovrebbero decollare i bombardieri B2 Spirit che portano le bombe in grado di distruggere il sito nucleare iraniano sotterraneo di Fordow.
Starmer è stretto fra due esigenze: evitare di opporre un eventuale no a Trump, dopo che ha fatto tanto in questi mesi per corteggiarlo, ma allo stesso tempo non esporre a rappresaglie il personale britannico di stanza in Medio Oriente. Il governo di Londra sta esaminando quattro possibili opzioni: tenersi fuori del tutto dal conflitto; mettere a disposizione la sola base di Diego Garcia; fornire un più ampio supporto materiale agli americani; intervenire direttamente al loro fianco. Ma spera tanto di non dover scegliere.