La Cei: «Luoghi inumani». Il Viminale: «Ora il testo»

Gli «interessi pubblici» che si intendono tutelare con le norme sull’immigrazione «non possono scalfire il carattere universale della libertà personale che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica», ad esempio quella nazionale, «ma in quanto esseri umani». La Corte costituzionale ribadisce questo principio con la sentenza numero 96 , pubblicata ieri, che ha dichiarato «inammissibile» la questione posta da un giudice di pace di Roma sulla presunta incostituzionalità dei trattenimento nei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) dove vengono rinchiusi i migranti in attesa di espulsione, ma ammonisce il Parlamento: il vulnus c’è e spetta al legislatore sanarlo, la Corte non può.
Di fatto, affermano giudici della Consulta, i trattenimenti nei Cpr ordinati dai questori e regolati da un decreto legislativo del 1998 modificato più volte, è una forma di detenzione, poiché si traduce in un «assoggettamento fisico all’altrui potere». E secondo la Costituzione «non è ammessa alcuna forma di detenzione né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge».
Il problema sono i modi: la normativa che consente ai questori di ordinare i trattenimenti è generica e «del tutto inidonea a definire, in modo sufficientemente preciso, quali siano i diritti delle persone trattenute nel periodo, che potrebbe anche essere non breve (fino a 18 mesi, ndr), in cui sono private della libertà personale». Tutto è affidato a regolamenti e provvedimenti amministrativi, del questore o del prefetto, che non hanno valore di legge e potrebbero portare, ad esempio, a disparità di trattamento a seconda dei luoghi in cui sorgono i diversi Cpr.
Né si può ricorrere alle norme dell’ordinamento penitenziario, perché «la detenzione amministrativa presso i Cpr deve restare estranea a ogni connotazione di carattere sanzionatorio»: non ci sono reati, non ci può essere una restrizione punitiva.
Di qui il contrasto con la Costituzione, indicato dal giudice di pace e da associazioni come Antigone che l’hanno affiancato davanti alla Consulta. Secondo la quale il vuoto legislativo può essere colmato solo dal Parlamento: «Ricade sul legislatore l’ineludibile dovere di introdurre una disciplina compiuta che detti, in astratto e in generale per tutti i soggetti trattenuti, contenuti e modalità delimitativi della discrezionalità dell’amministrazione, in maniera che il trattenimento degli stranieri assicuri il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona senza discriminazioni».
Anche la limitazione della libertà personale di uno straniero mediante «trattenimento», infatti, «non può essere adottata al di fuori delle garanzie dell’articolo 13 della Costituzione», che impone una «riserva assoluta di legge». E l’intervento del Parlamento è «tanto più urgente in considerazione della centralità della libertà personale nel disegno costituzionale».
A questa ennesima sentenza-monito, imprecisate «fonti del Viminale» replicano che il ministero dell’Interno è già «impegnato nella redazione di una norma di rango primario» per risolvere il problema. Nell’attesa, il presidente di Antigone Patrizio Gonella ribadisce che «non si può trattare una persona senza titolo di soggiorno, che non ha commesso reati, peggio di un detenuto», +Europa e Avs ribadiscono che la detenzione nei Cpr è illegale, mentre monsignor Gian Carlo Perego, presidente della commissione della Conferenza episcopale italiana sull’immigrazione, accusa: «La Corte ha fatto emergere la disumanità nei Cpr in Italia e in quello creato in Albania; è l’ennesima sconfessione di una politica securitaria che non rispetta la dignità della persona migrante». L’esponente della Cei invoca «modifiche sui luoghi, tempi e metodi del trattenimento amministrativo», ma per adesso deve accontentarsi del richiamo della Consulta. E della strada che si apre alle richieste di risarcimento danni da parte dei migranti reclusi al di fuori della legge.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

A.N.D.E.
Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.