Da giorni siamo accusati di aver sostenuto che solo i Paesi occidentali hanno una storia, cioè una assoluta corbelleria

Ciò che nella nostra vita pubblica rende così difficile — e alla fine del tutto inutile — qualsiasi discussione, è che il più delle volte si è costretti a dimostrare innanzi tutto di non essere un idiota. Cioè di non aver mai sostenuto l’idiozia che invece il tuo interlocutore ti accusa di aver sostenuto per avere più facilmente ragione e metterti a tacere. In Italia è rarissimo che si possa discutere nel merito: meglio denigrare l’interlocutore.
Parlo per esperienza personale. Avendo insieme ad altri colleghi membri di una commissione incaricata di redigere le indicazioni nazionali dei programmi scolastici per la storia, iniziata la parte orientativa generale del nostro documento scrivendo testualmente «Solo l’Occidente conosce la storia», da giorni siamo accusati di aver sostenuto che solo i Paesi occidentali hanno una storia.
Da giorni, paludati studiosi, frequentatori e frequentatrici di talk televisivi, commentatori vari, si stracciano le vesti scandalizzati ripetendo a decine: «Ma come si può mai pensare, oibò, che esistano popoli o civiltà senza storia»?!, «E allora la Cina ad esempio, anche la Cina non avrebbe avuto una storia»?, «Ecco a quali aberrazioni può portare l’eurocentrismo ossessivo della destra, dei cultori dell’identità!»: e così via deprecando e biasimando.
Il fatto è che, almeno per chi ha una qualche confidenza con la lingua italiana, l’espressione «solo l’Occidente conosce la storia» («conosce», non «ha») lungi dal significare «solo l’Occidente ha avuto una storia e tutti gli altri no», significa ciò che nelle frasi immediatamente successive del documento viene a lungo spiegato. Vale a dire che solo in quell’area geo-storica che si chiama Occidente la conoscenza dei fatti storici e la riflessione su di essi — alimentata dal pensiero greco-romano e dal messaggio cristiano — ha dato vita a una dimensione culturale particolarissima nella quale il realismo analitico più crudo si è mischiato al profetismo sociale più estremo. «Solo l’Occidente conosce la storia» non vuol dire che non ci sia stata un storia del Giappone o dell’impero Inca, e che quindi coloro che hanno sottoscritto queste parole siano dei tali idioti (per giunta un gruppo di storici di professione!) da aver mai pensato una simile corbelleria.
Vuol dire che anche grazie al processo culturale di cui sopra, grazie al formarsi di una cultura storica e di conseguenza politica, si è costituito in questa parte del mondo un fattore di cambiamento senza pari. Che di conseguenza, per la prima volta solo in Occidente, ad esempio, si è elaborato nel modo così vasto e complesso che sappiamo il concetto decisivo di rivoluzione sociale da cui è nata la più variegata ideologia rivoluzionaria. Che solo in Occidente, inoltre, si è avuto l’emergere diffuso e prepotente della libera personalità individuale, incomparabile centro animatore di tutto quanto ora detto. Si vuol sostenere che tutto ciò non è vero? Che si tratta di un mucchio di falsità inventate da un manipolo di pseudo storici al solo scopo di tessere l’elogio dell’uomo bianco e della supremazia della sua civiltà a scapito di tutte le altre?
Benissimo. Ma allora, fuori i nomi (e magari anche le date)!
Fuori i nomi di qualcosa di simile al dialogo riportato da Tucidide tra gli ambasciatori ateniesi e i Meli o alle pagine del Principe, che non abbia visto la luce da queste parti! Fuori i nomi di qualcosa di analogo all’idea cristiana circa l’autonomia della politica dalla religione, di qualcosa che somigli alla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino che non porti il marchio della civiltà occidentale! Fuori i nomi dei luoghi della terra dove prima che in Europa ci sia stato qualcosa di simile alla decapitazione di un re decretata dal Parlamento o di paragonabile al suffragio universale!
Si obietta che però la marcia trionfale dell’Occidente è stata costellata anche di lacrime e sangue. E chi mai lo nega? Ma forse che l’impero mongolo o il dominio islamico o quello azteco sono stati l’anticamera del giardino dell’Eden? Forse che la storia non è stata, sempre, anche quel banco di macelleria di cui parlava Hegel? E tuttavia possiamo tranquillamente sfidare chiunque a dimostrare che oggi questi luoghi non siano i luoghi più civili e umani della terra. Ma se ciò è vero, è lecito o no chiederci come mai? Perché è accaduta una cosa simile? E chiederci infine per quale ragione non dovremmo sentirci autorizzati a illustrarne le ragioni ai nostri figli? Proprio oggi, tra l’altro, quando attorno a noi — e su ciò esiste ormai un’unanimità pressoché assoluta — si affacciano dovunque realtà minacciose le quali non esitano a dirsi, e sono, in vari modi nemiche, guarda caso, precisamente di quella cosa che ormai tutti chiamiamo Occidente?
È davvero una prova, mi si lasci dire, della miseria del nostro ceto intellettuale nell’accezione più vasta del termine il fatto che in Italia lo scontro politico raggiunga spesso, proprio in questo ceto, un grado di partigianeria tale da far abitualmente prevalere su un pur minimo rispetto della verità l’odio per l’avversario, l’avversione cieca per qualunque cosa a esso sia comunque riferibile. Le nuove indicazioni nazionali per la scuola rischiano per l’appunto di restare vittime di questo meccanismo infernale. Oggetto non già di ragionate argomentazioni critiche — per le quali c’è sempre spazio — ma di un’ostilità a prescindere. Nella quale l’Occidente, la Bibbia, l’Italia, la scuola, tutto diventa un puro pretesto per fare la guerra alla maggioranza parlamentare per la quale si dà il caso che non abbiamo votato.
A.N.D.E.
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