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Fonte: La Stampa
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Il rapporto Ipcc: produzione di cibo in calo, perderemo il 2% del Pil

Conflitti, malattie, migrazioni, e una perdita secca del 2% nel valore del Pil mondiale. Sono gli effetti devastanti che i cambiamenti climatici potrebbero generare già entro la metà del secolo, se non si comincerà a prendere misure efficaci per prevenirli. Lo dice il nuovo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change dell’Onu (Ipcc), che si somma ad un allarme lanciato dal «Wall Street Journal», secondo cui i prezzi del cibo sono già aumentati del 3,5% negli Stati Uniti a causa della siccità che sta colpendo Stati come California e Texas.

 

L’Ipcc raccoglie decine di scienziati autorevoli in tutto il mondo, e alla fine del mese pubblicherà il suo secondo rapporto, molto dettagliato. Se non ci saranno mutamenti di rotta significativi, entro la fine del secolo la produttività media globale dei raccolti agricoli scenderà del 2%, a fronte di una domanda di cibo che invece crescerà del 14% ogni decennio, fino al 2050. Il risultato ovvio sarà la malnutrizione, che colpirà in particolare i bambini. Lo studio prevede che le persone sotto i cinque anni senza abbastanza cibo aumenteranno fra 20 e 25 milioni, cioè tra il 17 e il 22% rispetto ai livelli attuali.

 

I problemi alimentari, in realtà, non sono così differiti nel tempo. Il «Wall Street Journal», in un’inchiesta separata, ha scritto ieri che i prezzi del cibo sono già aumentati del 3,5% negli Stati Uniti, a causa della siccità in California e Texas, dove si coltivano i vegetali e si allevano gli animali che sfamano il paese. Problemi simili riguardano anche il Brasile e altre nazioni, che hanno visto ridurre i raccolti. Negli Usa una diminuzione dei capi di bestiame si traduce magari nell’aumento del prezzo degli hamburger, già deciso da alcune catene di come Fatburger North America, ma altrove può significare la fame. Questo genera instabilità, come avvenne con le rivolte del pane, che nel 2008 scoppiarono da Haiti all’Africa subsahariana, passando dall’Asia meridionale. Nel 2011, poi, le proteste della Primavera araba furono accese in molti paesi proprio dalla mancanza di cibo.

 

Il rapporto dell’Onu prevede che centinaia di milioni di persone saranno colpite dalle inondazioni costiere, che spingeranno grandi popolazioni a migrare. Questo provocherà insieme tensioni politiche, da sommare a quelle delle migrazioni già in corso a causa della povertà, ed emergenze sanitarie.

 

A subire gli effetti negativi del riscaldamento globale, quindi, non saranno solo gli abitanti dei paesi in via di sviluppo. I problemi di cui parla il rapporto Onu, infatti, diminuiranno la sicurezza e la stabilità globale, e produrranno una perdita del Pil mondiale di circa il 2%, che in base ai valori del 2012 significa bruciare circa 1,4 trilioni di dollari di ricchezza.

 

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