1 Settembre 2024
Economia soldi euro

Quando un incentivo diventa un mero sussidio? Quando un aiuto necessario si trasforma in un contributo inutile o in un costo eccessivo per la collettività? Il dilemma è tutto qui e non è semplice da risolvere, specialmente se si tratta di interventi indispensabili per accelerare il processo di decarbonizzazione. Concentriamoci solo su questo aspetto di grande attualità che incide sui tempi e i modi della transizione energetica. Ovvero il green che non piace all’economia verde, agricola. I beneficiari di una misura favorevole all’ambiente non sono solo i titolari diretti. Questi ultimi, tra l’altro, maturano spesso l’idea perversa di meritarsela per altre ragioni. Per il peso politico della loro categoria, ad esempio. Beneficiaria è l’intera collettività, comprese le future generazioni (i cui diritti sono stati per la prima volta tutelati con la recente riforma costituzionale dell’articolo 9 della Costituzione).
Purtroppo i posteri non sono una lobby.

Favorevoli e non
Chi è destinatario di un sussidio ambientalmente favorevole (in sigla Saf) dovrebbe sentirne la responsabilità morale. Anche per condividere meglio la solidarietà, in forma di sostegni ed esenzioni fiscali, verso le attività colpite sempre più frequentemente da eventi naturali eccezionali determinati dal riscaldamento climatico. Cioè dovrebbe ritenersi ancora di più impegnato a ridurre, con i comportamenti e le scelte organizzative della propria attività e con gli investimenti opportunamente agevolati, le emissioni e l’impronta carbonica. Nello stesso tempo, e potremmo dire a maggior ragione, anche chi è destinatario di un sussidio ambientalmente dannoso (in sigla Sad) dovrebbe avere la piena consapevolezza della ragione principale della sua adozione. Se invece è convinto che il fatto di poter pagare per esempio il gasolio agricolo (o per il trasporto) poco più di un euro, anziché quasi due come il resto dei cittadini, sia un’integrazione irrinunciabile a un bilancio altrimenti insostenibile (e le buone ragioni non mancano, il disagio non va sottovalutato), ebbene quel sussidio (Sad) ha perso del tutto la propria natura.

Il rapporto
Ora l’ultimo rapporto del ministero dell’Energia e della Sicurezza Energetica (Mase), sui dati 2021, identificava 168 voci. I sussidi ambientalmente favorevoli (Saf) — dalle agevolazioni Iva ai sostegni ad alcune colture o allevamenti — ammontavano a 18,6 miliardi mentre quelli dannosi a 22,4 miliardi. Di questi ultimi, 14,5 miliardi sono agevolazioni per le fonti fossili. Alcune di carattere generale per far fronte agli effetti della crisi ucraina poi in parte rientrati. Quelli ambientalmente incerti (Sai) sono invece pari a 11,5 miliardi. Il totale fa 52,5 miliardi!
Come è scritto nel documento firmato dal ministro Gilberto Pichetto Fratin, il governo si è impegnato — soprattutto con il Piano nazionale di ripresa e resilienza e il Repower — a una graduale eliminazione dei Sad. Anche usando la leva fiscale per incoraggiare l’economia circolare. Secondo fonti di Bruxelles dovrebbe farlo di almeno 2 miliardi entro il 2026 e altri 3,5 miliardi entro il 2030. Se questi sussidi hanno ormai di fatto un’altra natura forse è bene discuterne, per tempo, con le categorie coinvolte. E proporre forme alternative.

Gli esempi
Per esempio un credito d’imposta che diminuisca il costo del lavoro o incentivi al rinnovo delle macchine agricole investendo su quelle a minori emissioni. Non si può continuamente gettare la palla in avanti nella speranza, a volte nell’illusione, che forse qualcosa, nel frattempo, cambierà. Così si confondono colpevolmente le idee delle categorie coinvolte. E sussidi e incentivi si trasformano, con il passare del tempo, in diritti quesiti. E quando vengono meno appaiono aumenti di tassazione ingiusti, incomprensibili. La rivolta dei trattori porterà probabilmente al ripristino, almeno parziale e per i coltivatori più piccoli, dell’esenzione Irpef sui terreni agricoli e dominicali introdotto all’epoca dell’esecutivo Renzi.

Le regole europee
Il governo Meloni tutto si aspettava meno che di trovarsi esposto al risentimento di una categoria alla quale ha dato forse persino troppo ascolto (esempio sulla questione del bando alla cosiddetta carne sintetica). Se c’è una prima lezione da quanto è accaduto in questi giorni è che l’eccessiva identificazione tra una parte (la Coldiretti) e un esecutivo, nuoce a entrambi. La seconda considerazione riguarda l’Unione europea. La Commissione ha fatto marcia indietro sulla riduzione nell’uso dei pesticidi, pur sapendo che ridurne l’impiego è necessario per contrastare la caduta della produttività dei terreni. Il Green Deal e le regole del Fit for 55 sono obiettivi, in campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo, meno stringenti e vitali. Ciò comporta tutta un serie di interrogativi anche sul 2035, anno in cui sarà vietata la commercializzazione di nuovi veicoli che non abbiano emissioni zero al tubo di scappamento (non necessariamente elettrici). Dipenderà dal voto di giugno, dai nuovi equilibri politici. A dimostrazione che la transizione energetica non si fa senza consenso e senza affrontare i costi che graveranno su alcune categorie più di altre, e soprattutto sui più deboli. «Io non parlerei però di costi ma soprattutto di investimenti — spiega l’economista e l’ex ministro Enrico Giovannini, autore di I ministri tecnici non esistono (Laterza) — e dobbiamo discutere seriamente su come farla la transizione energetica, non se farla».
L’equivoco è che non pochi ritengono che sia persino inutile, se non dannosa. Il «non detto» è un rischio capitale. La decarbonizzazione ha bisogno di incentivi agli investimenti. Nessuno contesta questo assunto. Quelli per le rinnovabili sono stati costosamente necessari. Hanno creato, in numerosi casi, figure di imprenditori o presunti tali che nulla hanno rischiato e rischiano, con profitti assicurati grazie al carico sulle bollette elettriche di tutti. Ciò non ha contribuito alla popolarità degli incentivi. Tutt’altro. E lo stesso si può dire per lo scandalo del bonus del 110 per cento e di altri sussidi edilizi che hanno favorito, truffe a parte, i proprietari di case più abbienti.
A spese di tutti i contribuenti e appesantendo per anni i conti dello Stato. La componente del costo (esorbitante) ha prevalso sul dividendo (modesto) in termini di edifici più verdi. La domanda di fondo è la seguente: misure così sproporzionate contribuiscono a creare le giuste condizioni di urgenza sul tema ambientale o le rendono, agli occhi dell’opinione pubblica, più lontane e ingiuste? L’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica, diretto da Giampaolo Galli si è occupato in profondità della vasta giungla dei sussidi di varia natura. Un reale censimento è ostacolato dall’insieme di misure decise dalle Regioni. «Ma è urgente — sostiene Galli — una loro risistemazione e non solo per quelli che sono legati alla transizione energetica, proprio per identificarne il fine positivo per l’intera collettività. Quando si perde di vista la ragione per cui una misura è stata adottata, si creano i presupposti, come è avvenuto in questi giorni per le proteste degli agricoltori, per tensioni sociali di difficile gestione».

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