POLITICA
Fonte: La Stampa

I nuovi dossier già sul tavolo di Renzi E il decreto lavoro arriva in Parlamento.

Scontro sul bonus in busta paga. Grillo: “Premier smascherato dall’Economista”. E anche Forza Italia cita l’articolo uscito due mesi fa sul settimanale britannico

 

ROMA

La pausa pasquale dura poco per il governo Renzi. Varato il decreto per il bonus in busta paga, il premier lavora alle prossime mosse: la riforma della Pubblica amministrazione e lo “Sforbicia-Italia”. Intanto domani arriva in Aula il decreto lavoro, uno dei punti cardine delle riforme volute dal presidente del Consiglio e dal ministro Poletti.

 

NODO INCAPIENTI

Tempi più lunghi potrebbe avere invece il provvedimento a favore degli incapienti, rimasti esclusi all’ultimo momento dal decreto Irpef, a cui potrebbero affiancarsi anche pensionati e popolo degli autonomi a partita Iva. Contrariamente alle sue abitudini, che dettano solitamente fitte tabelle di marcia, Renzi non ha voluto fornire alcuna tempistica precisa in proposito, ma la misura, per la quale molte ipotesi sono di fatto già pronte, dovrebbe essere definita al massimo entro il varo della legge di stabilità.

 

LE PROSSIME MISURE

Le tabelle così come annunciate saranno invece con ogni probabilità rispettate proprio per la pubblica amministrazione. Esclusi gli esuberi tracciati nel primo piano di lavoro presentato dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli, le ipotesi circolate successivamente e in qualche modo confermate dal ministro Marianna Madia parlavano di interventi mirati e specifici. L’idea sarebbe quella di un programma di prepensionamenti, o meglio di uscite anticipate strettamente legate però all’ingresso di giovani disoccupati o precari, vero obiettivo della misura. Una spinta dovrebbe arrivare anche alla mobilità. La revisione della spesa necessaria come copertura al bonus da 80 euro è l’intervento macro entro il quale si inserirà anche la prossima operazione “Sforbicia-Italia”, che si configurerà probabilmente come una sorta di messa a fuoco delle questioni già in qualche modo introdotte con il decreto varato ieri. Sotto la lente potrebbero finire le municipalizzate, gli enti inutili o – nel dettaglio – i dirigenti pubblici.

 

LAVORO

Intanto domani arriva in Parlamento il decreto lavoro. Un dl che in commissione ha già incassato parecchie modifiche su cui però Ncd e Scelta civica non sono affatto d’accordo. Promettono battaglia per cancellare le modifiche apportate dal Pd al testo in commissione. Ma i dem non cedono. E domani il governo valuterà se mettere la fiducia. «La piega che sta prendendo il provvedimento alla Camera non ci piace. È un passo indietro che impedisce di andare oltre alla legge Fornero che ha bloccato l’occupazione. Invitiamo il premier Renzi a correggere il tiro», avverte Barbara Saltamartini, Portavoce Nazionale del Nuovo Centrodestra. «Comunque, se a Montecitorio dovesse passare cosi com’è, al Senato daremo battaglia per riportare il testo alla sua concenzione originaria». Nel mirino di Ncd non finisce però la revisione del numero delle proroghe possibili nell’arco di 36 mesi, che scendono da 8 a 5 così come chiesto dai Dem, bensì il pacchetto di modifiche sull’apprendistato. A non convincere in particolare il presidente della commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi è il ritorno della formazione pubblica obbligatoria, che prevede un ruolo preminente delle Regioni. Il timore infatti è che così si crei un’Italia a due velocità.

 

IPOTESI FIDUCIA

«E’ normale», ha detto Renzi venerdì, «che ci sia da trovare un punto di sintesi» tra Pd e Ncd. E una sintesi sarà cercata. Ma poiché il decreto, come ha detto anche il ministro Giuliano Poletti, «non è stato stravolto in commissione», l’obiettivo del Pd è adesso incassare una «rapida» approvazione in Aula alla Camera, per consentire poi la seconda lettura in Senato e la conversione del decreto entro il 20 maggio. «Attardarsi su una disputa ideologica che ha tanto il sapore elettoralistico non è utile al Paese», nota ancora Faraone. Ed è chiaro il riferimento a Ncd. Ma il partito di Angelino Alfano promette battaglia se non si cancelleranno le modifiche apportate al testo in commissione. «Sarà scontro. E – annuncia Sergio Pizzolante – se il governo dovesse mettere la fiducia, lo scontro si sposterà al Senato, dove gli equilibri sono diversi», perché il Pd è meno forte. Ma Renzi non perde la sua tranquillità. «Avanti come un treno sulla via del cambiamento», dice. E ai suoi confida di avvertire un clima positivo, un incentivo a proseguire.

 

LA CAMPAGNA ELETTORALE

Le opposizioni intanto sono già in campagna elettorale. A poco più di un mese dalle Europee Forza Italia e M5S non risparmiano bordate contro il governo. «Renzi è bravo, ma dietro di lui c’è la vecchia sinistra delle tasse», ha detto Berlusconi commentando il decreto Irpef. Dando di fatto il via libera alle critiche dei “falchi” azzurri. «Il ministro dell’Economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, svela il trucco di Renzi: promettere, promettere, promettere, come se non ci fosse un domani», attacca Brunetta. Che avvisa: «Presto arriveranno nuove tasse». «Anche l’Economist si è accorto che Renzi è solo uno che parla e basta», rincara la dose “Il Mattinale”, bollettino politico redatto dallo staff del gruppo Forza Italia della Camera, citando tuttavia un articolo pubblicato due mesi fa. I renziani accolgono con ironia la provocazione: «Questi scienziati c’hanno messo due mesi a capire un articolo», osserva Ernesto Carbone. Anche Beppe Grillo usa il settimanale britannico per attaccare il premier: «Parole, parole, parole. Le promesse di Renzi smontate dall’Economist», scrive sul suo blog il capo del M5S. Dove appare anche un post in vista delle Europee: «Il M5S abolirà il Fiscal Compact, il pareggio di bilancio in Costituzione e vuole ridiscutere tutti i trattati che ci vincolano all’Europa».

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