Le politiche di Trump e le forbici di Musk diffondono il terrore nelle accademie e nei centri di ricerca americani. Stanno arrivando centinaia di curricula dagli Usa. Serve subito una politica per il rientro dei cervelli in Europa e in Italia
«È nella crisi che nascono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie». La serie di aforismi su crisi e opportunità è ampia e spesso apocrifa. Grandi personaggi come Winston Churchill, messi alla prova da crisi (è bene ricordarlo) ben più severe di quella che stiamo affrontando noi oggi tra guerre e crolli dei mercati, hanno riflettuto sulla forza di questo apparente ossimoro. Ma in questo caso il pensiero non potrebbe essere più vero e più adeguato visto che la riflessione su crisi e inventiva venne apposta da Albert Einstein su uno dei suoi testi più filosofici: Come io vedo il mondo, del 1934. È la più adeguata perché proprio di loro dovremmo parlare oggi: scienziati e scienziate, i talenti, i pensatori. Statisticamente i «cervelli», talvolta in fuga, talvolta messi in un vero e proprio bilancio, talvolta (e deve essere questa la strategia) di rientro.
E dunque ora che le politiche del presidente Usa Donald Trump e le forbici impazzite di Elon Musk stanno diffondendo il caos e il terrore nelle accademie e nei centri di ricerca americani c’è qualcuno che sta pensando a come trasformare la crisi in occasione irripetibile per l’Europa con una strutturata politica di rientro dei cervelli? In realtà sì: ne ha scritto proprio su queste colonne l’ex presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Roberto Battiston, lanciando il progetto Re-Brain accanto al necessario Re-Arm.
Abbiamo bisogno di una politica del rientro dei cervelli in Europa e in Italia nello specifico. Questa è un’occasione unica. Da organizzare qui e ora. Senza tentennamenti. Ma non (solo) per amore di scienza. Ma per la crescita economica. Chiunque frequenti il mondo della ricerca sa che stanno arrivando valanghe di curricula proprio dagli Usa. Per anni l’America è stato il Paradiso sognato da professori, accademici, scienziati, talenti. Risorse alte, burocrazia ridotta quasi a zero, grandi infrastrutture con cui sognare il Nobel e puntare a Wall Street. Quasi metà del Pil americano è sostenuto da aziende nate negli ultimi 40 anni. Cioè da scienza diventata innovazione e tecnologia.
Dicevamo però che qualcuno ci sta pensando: la solita Francia, colbertista nel midollo è già pronta a difendere il patrimonio di talenti nazionali e sta già pensando a come creare le condizioni per riprendersi i cervelli che ora vogliono lasciare il Nuovo mondo. Anche l’Italia ci sta pensando, è vero: ne ha parlato anche Vittorio Colao che ha ricordato come ci sia tutto, nero su bianco, nel rapporto Draghi a cui ha contribuito. La presidente del Cnr Maria Chiara Carrozza lo ha già messo in pratica riportando circa 60 scienziate e scienziati in Italia. L’IIT di Genova guidato da Giorgio Metta è un antidoto da anni alla fuga dei cervelli, con cinesi, indiani ed europei che lavorano insieme ai giovani cervelli italiani. Lo Human Technopole ha riportato indietro persone come Marino Zerial, strappandolo al Max Plank Institute.
Ma dobbiamo essere onesti: queste sono operazioni saltuarie, legate a qualche buon decreto legge emerso tra le pieghe di diversi governi e in parte affidate all’occasione del Pnrr. Mentre qui abbiamo bisogno di un’azione sistemica. Necessitiamo di massa critica europea per essere credibili. Altrimenti oltreoceano prevarrà l’attendismo da parte di chi ora si sente pronto al rientro. Proprio dagli Usa dovremmo imparare: quando nel 1957 l’Urss mandò in orbita il primo satellite artificiale mandò nel panico gli Usa. L’America stava già perdendo la corsa alla tecnologia? Si corse ai ripari. Venne chiamato effetto Sputnik. Noi oggi non possiamo chiamarlo Effetto Trump. Ma avrebbe senso.
Non dobbiamo dimenticare la lezione mazziniana: il pensiero senza azione è un esercizio da salotto. Ma nemmeno quella di un nostro genio: «Se nel cervello dell’uomo isolato nasce quasi sempre la geniale invenzione, è solo l’esercito dei pazienti ricercatori nei ben attrezzati laboratori che può dare le armi a un popolo per vincere nella dura lotta economica». Guglielmo Marconi al direttorio del Cnr sulla nave Elettra. Era il 1930. Quasi un secolo fa. Gli Usa hanno costruito così la propria forza economica. Ora dovremmo farlo noi.