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Un vero spirito consortile europeo è l’unica alternativa per essere competitivi nelle grandi iniziative tecnologiche

Le polemiche sull’utilizzo dei satelliti di Musk per le comunicazioni governative e militari hanno diffuso due convinzioni: «Ne abbiamo bisogno e comunque non c’è alternativa a Starlink» e «L’Europa non ce la farà mai a realizzare velocemente progetti così complessi».
Affermazioni che meritano alcune precisazioni e riflessioni.
L’eccezionale energia imprenditoriale e il sostegno finanziario della NASA permettono a Musk di controllare oggi migliaia di satelliti a bassa quota e di offrire il servizio di comunicazioni per il momento più competitivo. Come però previsto da molti Paesi del nostro continente per i servizi in cloud che trattano dati nazionali critici o strategici, i governi europei possono utilizzare tecnologia anche non europea — Microsoft, Amazon o Google nel cloud, Starlink nelle comunicazioni — ma debbono assicurare privacy e sicurezza gestite in autonomia, attraverso imprese o istituzioni europee.
Se ad oggi non ci sono effettivamente alternative a Musk, si debbono almeno mitigare i rischi per la sovranità delle nostre comunicazioni. E trattandosi di un tema comune a tutta Europa, i governi dovrebbero coordinare architetture e condizioni da richiedere attraverso la Commissione a Starlink come a tutti gli eventuali concorrenti per contrastarne la forza negoziale. Dire che la stessa Europa non può farcela in progetti tecnologici complessi è invece sbagliato.
Nel 2021 vennero messi in cantiere nel «Vecchio Continente» due progetti di costellazioni satellitari: uno, più grande, per le comunicazioni sicure, lanciato dalla Commissione Europea (Iris 2) e uno più piccolo per l’osservazione della terra (Iride) guidato dall’Italia nell’ambito del Pnrr.
Il primo — a oltre tre anni di distanza — è ancora in fase preliminare e ha appena assegnato i contratti. Il secondo, invece, è motivo di orgoglio per il nostro Paese: il primo satellite italiano è stato lanciato e sta volando. Altri 9 seguiranno già a giugno e in totale la Argotec di Torino ne produrrà fino a 40. Guidata da un ingegnere informatico ex paracadutista militare, la Argotec è passata da 50 a oltre 200 dipendenti in tre anni. Altre 67 aziende italiane partecipano al progetto.
Per Iride i tempi di realizzazione son stati quasi «Muskiani» a confronto con il lento progredire dell’europeo Iris 2. In dodici mesi si è passati da una «idea» del Pnrr Italiano a un contratto con la Agenzia Spaziale Europea, e in altri 20 mesi dal contratto al volo del primo satellite. Il processo scelto dall’Italia — il famoso «metodo Pnrr» — è orientato alla performance in tempi stretti. Il governo definì obiettivi specifici — monitoraggio costiero e della terra, servizi idro-meteorologici, protezione civile, sorveglianza marittima, etc — e si negoziarono direttamente con l’agenzia spaziale europea il budget e il contratto di implementazione che ESA ha gestito con i fornitori, imponendo tempi definiti.
È il processo raccomandato alla Ue per lo Spazio dal Rapporto Draghi: smettere di gestire i progetti europei come in una assemblea di condominio — in cui si approvano solo le cose che convengono a tutti dopo estenuanti negoziazioni — e commissionare iniziative con fondi e tempi chiusi e performance contrattuali. Come farebbe un privato. Con un controllo forte del progetto che favorisca la collaborazione diretta tra aziende e magari anche il consolidamento per fare concorrenza ai giganti tech mondiali.
Purtroppo, nonostante l’esecutivo di allora avesse offerto agli altri governi europei l’opportunità di partecipare a Iride, il progetto è rimasto solo italiano e oggi progetti simili sono portati avanti da Spagna, Grecia e Polonia. E quindi saremo «piccoli» e meno competitivi a lungo termine.
Recuperare un metodo e un vero spirito consortile europeo è a questo punto l’unica alternativa per le grandi iniziative tecnologiche se vogliamo esser competitivi. Vale per lo Spazio, ma anche per l’AI, per il cloud, per i supercomputer. Noi Europei dobbiamo smettere di dire che «siamo piccoli e lenti» e «non ce la possiamo fare». Dovremo certo utilizzare satelliti, AI e cloud di aziende non europee per un certo tempo, garantendoci al meglio su sovranità e privacy. Se applicassimo il modello «Iride» su scala europea e ogni Governo accettasse di mettere a fattor comune progetti tecnologici e fondi, tra 10 o 15 anni potremmo avere finalmente campioni europei più grandi, in cui far lavorare tanti ragazzi e ragazze preparati e appassionati come i pionieri torinesi di Argotec.

A.N.D.E.
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