Niente più eccezioni a favore dei settori esclusi dalle precedenti strette

Eliminazione delle residue fattispecie per le quali risulta ancora vigente l’esercizio delle opzioni di cessione del credito e sconto in fattura, al posto delle detrazioni. Il decreto legge, approvato a sorpresa dal Consiglio dei ministri di ieri, punta a questo obiettivo, che nella pratica significa assestare una stretta decisa alle poche aree rimaste nelle quali era ancora possibile utilizzare la cessione.
Si tratta, principalmente, delle opzioni esercitate da enti del Terzo settore e di quelle legate a lavori di ricostruzione nelle zone colpite da terremoti. Eccezioni teoricamente minimali ma che, alla prova dei fatti, stavano portando un impatto eccessivo sui conti pubblici. Anche se resta l’incognita di come sarà materialmente scritto il decreto: solo una volta lette le definizioni del testo sarà possibile capire chi si salverà dall’ennesima stretta al settore dei bonus edilizi. E se contratti già firmati consentiranno di continuare a utilizzare le vecchie regole.
Il provvedimento di ieri riprende idealmente il discorso avviato dall’esecutivo con il decreto Salva spese (Dl n 212/2023) di fine dicembre 2023. Con quell’intervento, infatti, era stata pesantemente limitata la possibilità di cedere il bonus barriere architettoniche del 75% che, in quella fase, rappresentava il principale spauracchio di una nuova esplosione delle cessioni. Quell’intervento, evidentemente, era stato troppo blando, perché ora il Governo deve correre nuovamente ai ripari, anche sulla scorta dei numeri del superbonus che hanno continuato a galoppare all’inizio del 2024 (a febbraio siamo già a quota 114 miliardi), ossia quando era teoricamente scemata la possibilità di utilizzare le maxi-agevolazioni al 90/110 per cento.
Per assestare la nuova stretta, l’esecutivo riprende idealmente tra le mani l’elenco delle eccezioni previste dal decreto 11/2023, con il quale è stato previsto il primo divieto di cessione del credito. In alcune situazioni quel divieto poteva essere aggirato, a partire dalle cessioni dei superbonus di enti del Terzo settore, cooperative di abitazione a proprietà indivisa e Iacp. Inoltre, il divieto non operava per il superbonus legato alla ricostruzione nelle aree colpite da terremoto, per le quali dal 1° aprile 2009 sia stato dichiarato lo stato d’emergenza. Queste eccezioni vanno verso l’eliminazione, anche se resta l’incognita della formulazione definitiva del decreto, che potrebbe riservare qualche ulteriore sorpresa.
C’è, poi, una seconda famiglia di eccezioni che, almeno sulla carta, non dovrebbe essere intaccata dal provvedimento. Si tratta di quei lavori, sia di superbonus che legati ad altre agevolazioni, che al 17 febbraio del 2023 avevano un titolo presentato in Comune, anche senza un cantiere avviato. In teoria queste situazioni dovrebbero essere salve. Anche se, sul punto, bisognerà analizzare come si tradurrà in concreto l’intenzione di incidere solo sugli interventi successivi all’entrata in vigore del decreto legge.
Il punto nel quale il Governo metterà l’asticella determinerà quali cantieri resteranno per sempre esclusi dalle cessioni, con pesanti ricadute in termini di possibilità di proseguire i lavori, e quali si salveranno dalla stretta. Se l’obiettivo primario del Governo è quello della tutela dei conti pubblici, la manovra in arrivo rischia di assestare un colpo durissimo alle imprese e a tutta la filiera delle costruzioni. Già da ieri sera migliaia di operatori cercano di capire come questo intervento colpirà i lavori che hanno in corso o che stanno per avviare. Per imprese e professionisti la tutela dei contratti già firmati rappresenterà un vero spartiacque.
A questo punto, comunque, il prossimo 4 aprile diventa il giorno di addio alla cessione dei crediti. Entro questa data, infatti, andranno comunicate all’agenzia delle Entrate le opzioni relative alle spese effettuate nel corso del 2023. Fino a poche ore fa gli operatori contavano sui tempi supplementari, cioè sulla possibilità di utilizzare la remissione in bonis entro il 15 ottobre del 2024. Il decreto taglia questa strada alternativa, con l’obiettivo di misurare a inizio aprile l’ammontare del complesso delle opzioni esercitate e delle cessioni stipulate. Quindi, chiusa questa finestra, si potrà fare un bilancio definitivo di cessioni e sconti in fattura.

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