
Ssn sostenibile solo se la prevenzione è al centro: contro l’emergenza invecchiamento e lo tsunami demenze la politica è chiamata a decisioni nette di sostegno a stili di vita salutari e salva-spesa
La quasi certezza di dover ricorrere, da un certo momento della vita, a cure sanitarie e assistenziali continuative (long term care, Ltc) proiettata nei prossimi decenni è uno dei principali rischi sociali che pesano sul futuro dell’Italia.
Ma il corto circuito è già scattato. Secondo i dati del Cergas Sda Bocconi, le Residenze per anziani coprono soltanto il 7,6% del bisogno degli over 65 non autosufficienti, l’assistenza domiciliare raggiunge solo un anziano autosufficiente su tre. I centri diurni coprono appena lo 0,6% del bisogno. A sopperire a queste carenze un esercito di oltre un milione di badanti, tra regolari e irregolari. E le famiglie alle prese con il problema della non autosufficienza rischiano di soccombere sotto il peso finanziario e psicologico dell’assistenza. Come nel caso dell’Alzheimer.
Alzheimer: assistenza ferma da 25 anni
«In Italia ci sono 1,2 milioni di persone con demenza – ricorda Patrizia Spadin, presidente Aima (Associazione italiana malattia di Alzheimer) – di cui 700mila con Alzheimer, e sono presenti circa 800-900mila persone con deterioramento cognitivo lieve. Un quadro che fa ipotizzare almeno quattro milioni di familiari impegnati giornalmente nell’accudire i loro cari».
A fronte di questi numeri la risposta che viene data alle famiglie è una goccia nell’oceano e non è neanche per tutti. «Ci sono disparità enormi tra le Regioni – continua Spadin – e anche all’interno della stessa Regione. I centri preposti alla diagnosi e alla presa in carico dei pazienti sono ancora quelli di venticinque anni fa. Se ne contano circa 550 sparsi sul territorio italiano ma il numero inganna perché offrono prestazioni molto differenti tra loro: alcuni sono aperti solo poche ore a settimana e non in tutti sono presenti quelle équipe multidisciplinari necessarie per eseguire una diagnosi differenziale corretta. Inoltre, questi centri sono concentrati nelle città lasciando scoperta ampia parte del territorio italiano e obbligando quindi le persone a pellegrinaggi verso il luogo di diagnosi e di presa in carico».
I conti sul futuro
La stima degli anziani non autosufficienti ha superato i 4 milioni (+1,7% rispetto al 2019). E già ora la Long Term Care copre il 10% della spesa sanitaria totale, un dato che è destinato a crescere rapidamente.
L’Osservatorio Conti pubblici italiani sottolinea che la quota di popolazione ultraottantenne crescerà dall’attuale 8% al 10% nel 2040 e al 14% nel 2070. In parallelo la quota della spesa sanitaria destinata alle cure degli ultraottantenni raddoppierà, passando dall’1,3% al 2,5% del Pil e raggiungendo così un terzo del totale. La tendenza è quindi chiara: la domanda di cure crescerà almeno fino al 2055-2060 e per soddisfarla la spesa sanitaria dovrà crescere più che proporzionalmente rispetto al Pil. Ampliare e innovare i servizi di cura con investimenti adeguati sarebbe la priorità.
La carta della prevenzione
Dopo una lunga inerzia nel 2023 è stata varata la riforma della non autosufficienza (Legge delega 33/2023). Ma un processo di attuazione a singhiozzo non è stato finora in grado di garantire una reale accessibilità e servizi adeguati. Il carico della Long Term Care resta affidato soprattutto alle famiglie.
Per liberare risorse e contenere la domanda di assistenza per la non autosufficienza e più in generale per la popolazione anziana, bisogna cambiare il focus delle politiche sanitarie del Paese. Per Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’Istituto farmacologico Mario Negri, la rivoluzione necessaria è principalmente una: il sistema va centrato sulla prevenzione per allungare la speranza di vita in buona salute. «Perché se noi mettiamo in atto le condizioni che ci impediscono o che riducono la possibilità di avere malattie – sottolinea Garattini – evidentemente aumentiamo la nostra speranza di vita sana».
Azioni decise sugli stili di vita
Quindi dieta mediterranea ma senza vino – «perché il vino contiene alcol e l’alcol è cancerogeno e correlato ad almeno 27 malattie», sottolinea Garattini – poi mangiare meno e fare attività fisica. E stop al fumo. «Lo Stato non ha il coraggio – continua Garattini – di aumentare il prezzo delle sigarette. In Italia un pacchetto costa 4-5 euro, in Francia 12 euro, in Inghilterra 10 sterline, in Australia costa l’equivalente di 20 euro. Se non si fanno delle azioni decise è difficile che cambi qualcosa».
Ageismo e solitudine dell’anziano nuove piaghe
E poi per invecchiare in buona salute, aggiunge il presidente dell’Istituto Mario Negri, «bisogna mantenere tanti rapporti e quanto più facciamo lavorare il nostro cervello tanto più avremo un cervello che funziona e che continuerà a funzionare. Quando andiamo in pensione, per esempio, dobbiamo evitare di ritirarci, dobbiamo continuare ad avere rapporti con gli altri, avere interessi».
L’esatto opposto di quanto invece fotografa l’Osservatorio Salute, Benessere e Resilienza della Fondazione Ries nel suo ultimo Rapporto che – nel contesto di un Indice di vicinanza della salute arrivato nel 2023 al minimo storico con un punteggio di 84 – ipotizza per le voci “Isolamento” e “Coesione sociale” un quadro “new normal” dove l’effetto-rimbalzo post-pandemia si sarebbe ormai esaurito senza una completa ripresa dei valori pre Covid. Il risultato sarebbero “connotati sociali maggiormente disgregati e una propensione a iniziative associazionistiche decisamente ridotta, acuendo uno dei principali problemi che segnano la popolazione generale e quella anziana in particolare”.
La solitudine infatti – avverte l’Associazione italiana di Psicogeriatria (Aip) aumenta il rischio di demenza del 50% e la pre-mortalità del 30%, con impatti paragonabili al tabagismo e all’obesità. In Italia manca ancora un approccio definito, denuncia l’Aip, nonostante sia il Paese più vecchio al mondo dopo il Giappone. Città sempre meno a misura di anziano, truffe e maltrattamenti, la discriminazione diffuse nota come ageismo. Elementi che aumentano il rischio di depressione: i suicidi degli anziani sono il 37% di quelli totali, sebbene gli anziani rappresentino il 24% della popolazione generale.