Fonte: Corriere della Sera

La «lottizzazione Nathan», un complesso di 191 mila metri cubi nel comune di Tivoli, potrebbe farla uscire dall’elenco. Richiesta di chiarimenti al ministero

I cinici potrebbero sostenere che se Villa Adriana perdesse il bollino dell’Onu non sarebbe poi un gran danno. Da quando quattordici anni fa è stata dichiarata dall’Unesco «Patrimonio dell’umanità», i visitatori paganti dei resti della maestosa residenza dell’imperatore Adriano, nei pressi della città di Tivoli, sono diminuiti del 33,6 per cento. Erano 154.105 nel 1999, sono stati 102.302 nel 2013. Meno di un decimo dei biglietti staccati alle rovine di Efeso, in Turchia. Incasso totale, 386.355 euro, il 55 per cento in meno rispetto agli introiti di quattordici anni prima rapportati a oggi: 854.574 euro. Questo nonostante gli esperti abbiano calcolato che il bollino dell’Unesco vale ovunque, per i luoghi che nel mondo hanno la fortuna di poterlo esibire, almeno il 30 per cento di aumento del fatturato turistico.

Il lento e inesorabile declino di Villa Adriana, praticamente irraggiungibile con i mezzi pubblici e dove fino a poco tempo fa non venivano accettate le carte di credito, è stato certo segnato dalla cronica mancanza di risorse. Non meno, tuttavia, dall’incuria della politica e dalla colpevole indifferenza di amministrazioni assai più interessate allo scempio del territorio. Nel 2012 la Regione Lazio allora guidata da Renata Polverini era arrivata a proporre ditrasformare una cava a poche centinaia di metri dalla zona di rispetto prevista per i siti «Patrimonio dell’umanità» nella discarica dei rifiuti soldi urbani di Roma. Suscitando un coro indignato di proteste a livello internazionale, e la legittima preoccupazione dell’Unesco per le condizioni ambientali di quell’area: al punto da ventilare, già allora, la revoca del famoso bollino.

Della gigantesca discarica per fortuna non se ne fece nulla. Ma a distanza di due anni il rischio che le Nazioni Unite possano prendere in esame una decisione così clamorosa, come spiega un rapporto in possesso del ministero dei Beni culturali, non sembra affatto scongiurato. Anche se in questo caso la spazzatura non c’entra niente. Il motivo è la prevista realizzazione di un complesso edilizio di 191 mila metri cubi progettato dall’architetto Paolo Portoghesi, iniziativa duramente contestata dagli ambientalisti che riscontrano una violazione della cosiddetta «buffer zone», ovvero l’area di rispetto concordata con l’Unesco all’atto della procedura di riconoscimento del «Patrimonio dell’umanità». Una zona già violata ripetutamente in questi anni da costruzioni sparse più o meno autorizzate: argomento che il costruttore, la Impreme della famiglia Mezzaroma, porta fra l’altro a sostegno della tesi secondo cui l’intervento avrebbe addirittura l’effetto di mettere ordine nel caos edilizio circostante.

La vicenda della «lottizzazione Nathan» comincia nel lontano 1981. Trentatré anni costellati da una lunghissima battaglia a colpi di carte bollate culminata nel pronunciamento favorevole della magistratura amministrativa e conseguente via libera da parte del Comune di Tivoli a un affare vidimato anche dalla precedente gestione della Regione Lazio, che come detto avrebbe visto bene nei pressi di Villa Adriana anche la discarica dei rifiuti di Roma. L’assessore all’urbanistica Luciano Ciocchetti (Udc, oggi candidato con Forza Italia alle elezioni europee), rispondendo nel settembre 2012 alle opposizioni pochi giorni prima che il consiglio regionale venisse spazzato via dallo scandalo di Batman & co, non era stato sfiorato da alcun dubbio: «Il progetto rispetterà pienamente Villa Adriana».

Qualche mese dopo i ricorsi di Italia nostra e del Wwf, nonché il commis- sariamento del Comune, avrebbero bloccato nuovamente tutto. Ma era solo una pausa tecnica. Complici ora le elezioni amministrative alle porte, l’offensiva per condurre in porto un’ operazione che non può certo lasciare insensibile nessuno dei candidati alla poltrona di sindaco, ha ripreso quota. Sostenuta da una innovativa strategia d’attacco. «Quelle dell’Unesco riguardo la zona cuscinetto», si legge in un comunicato stampa di qualche giorno fa del gruppo Mezzaroma, «sono indicazioni non vincolanti che, peraltro, non prevedono un raggio preciso entro il quale è vietato costruire».

N el frattempo, però, era partita dall’Unesco una richiesta di chiarimenti indirizzata al ministero. Il quale ha dato affidato a un team di esperti l’incarico di predisporre una relazione sulla faccenda, recapitata nei giorni scorsi al ministro Dario Franceschini. Con valutazioni assai poco lusinghiere. Si dice chiaramente che oltre ad avere un significativo impatto visivo (negato dall’impresa, che promette schermature alberate) la lottizzazione Nathan potrebbe far dilagare ulteriormente le costruzioni nella zona cuscinetto. Per non parlare, aggiungono i tecnici consultati dal ministero, dell’aumento del traffico e dell’inquinamento in un territorio già congestionato. Giudizi così negativi, si sostiene al ministero dei Beni culturali, potrebbero provocare perfino la cancellazione del riconoscimento Onu a Villa Adriana. E sarebbe il primo «Patrimonio dell’umanità» a dover subire un’onta simile.

Immaginate il catastrofico danno d’immagine per un Paese costretto perfino a tenere il Colosseo chiuso nella giornata internazionale dei musei per mancanza di custodi: mentre i sindacati si oppongono strenuamente alla proposta di impiegare i volontari delle onlus nei casi di carenze di personale. Ma questa è un’altra storia.

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