
Processo-bis per il sindacalista assolto in appello per violenza sulla hostess, che non si era opposta malgrado i 30 secondi a disposizione
Il ritardo nella reazione della vittima, ossia nella manifestazione del dissenso, è irrilevante ai fini della configurazione della violenza sessuale. E questo perché la “sorpresa” di fronte all’abuso può essere tale da superare la contraria volontà, ponendo la vittima nella impossibilità di difendersi. Sono le motivazioni con le quali la Cassazione ha disposto, l’11 febbraio, un processo d’appello bis per un ex sindacalista, accusato di abusi su una hostess e che era stato assolto perché, dicevano i giudici, lei in «30 secondi» avrebbe potuto opporsi
L’orientamento della Cassazione
La Suprema corte ha accolto il ricorso del Pg di Milano, Angelo Renna, contro la decisione della Corte d’appello di Milano, che aveva fatto dipendere la sussistenza della violenza sessuale dal tempo di reazione della vittima. Un ragionamento che aveva portato la Corte territoriale, il 24 giugno scorso, a confermare l’assoluzione per l’uomo dall’accusa di violenza sessuale nei confronti della giovane. I giudici di legittimità hanno avallato la tesi del Pg secondo il quale non si può stabilire che un atto sessuale, protrattosi per un periodo di tempo pari a 20 o, al massimo, 30 secondi esuli dalla contestazione di abusi. Una netta presa di distanza, in linea con la giurisprudenza di legittimità, dalla conclusione della Corte d’appello milanese, ad avviso della quale dagli atti del processo era emerso che l’imputato non aveva usato alcuna forma di violenza. I giudici di secondo grado avevano ammesso che si era trattato di molestie repentine «tali da porre la persona offesa in una situazione di assoluta impossibilità di sottrarsi alla condotta». Tuttavia la Corte di merito aveva valorizzato il tempo a disposizione della vittima «20-30 secondi», che le avrebbero consentito anche di potersi dileguare.
Consenso pieno
I giudici di secondo grado avevano confermato un’assoluzione decisa già dal Tribunale in prima battuta. Verdetti che non avevano tenuto conto del dissenso della vittima. Quanto alla percezione di questo da parte dell’imputato, secondo l’indirizzo più recente «non rileva che non sia stato percepito un dissenso, ma è necessario che si abbia la ragionevole certezza che vi sia un consenso pieno, iniziale e permanente».