Il 23 e 24 novembre saranno le giornate decisive per l’accordo sull’aumento dello stipendio dei bancari: scopri gli obiettivi di Abi e sindacati e le trattative in corso

La trattativa per il rinnovo del contratto collettivo nazionale dei 270mila bancari, inaspettatamente movimentata sul fronte sindacale da una fuga di notizie all’interno di un istituto di credito al consumo, attraverso un volantino sparito nel giro di qualche ora, si è ricomposta durante l’ultimo incontro in plenaria tra Abi e i sindacati (Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin). C’è infatti ancora >spazio nella trattativa e nulla è stato ancora deciso. I due fronti stanno ancora lavorando per trovare le convergenze. Di certo c’è che si sono dati tempi molto stringenti per poter consentire ai lavoratori di vedere il primo aumento in dicembre.

L’affondo del 23 e 24 novembre
Il negoziato è entrato nella fase decisiva e, all’incontro del 9 novembre, Abi e i sindacati si sono chiariti le priorità su cui lavorare in vista della due giorni del 23 e 24 novembre: l’obiettivo sarebbe di arrivare con un canovaccio sui singoli temi che possa poi diventare la base dell’accordo. Da adesso ci sono quindi due settimane di intenso lavoro sul piano negoziale, ma anche giuslavoristico, per arrivare al prossimo incontro nelle migliori condizioni possibili.

Le assemble e il pagamento della prima tranche di aumento
La “scadenza” del 25 novembre è importante perché per pagare il primo aumento e gli arretrati in dicembre, come vorrebbero i sindacati, le aziende hanno bisogno di attivarsi con i tempi tecnico amministrativi necessari. Anche per questo, per velocizzare i tempi, le assemblee per approvare l’ipotesi di accordo potrebbero diventare una questione interna alle cinque sigle, per fare sì che gli aumenti siano liquidati subito e nello stesso momento a tutti i 270mila bancari, senza aspettare il via libera delle assemblee che verranno comunque svolte dopo la firma.

Le priorità dei lavoratori …
Nella parte economica «non dovranno mancare i 435 euro per il livello medio di riferimento, gli arretrati dal primo gennaio di quest’anno fino alla data della firma (il precedente contratto è scaduto il 31 dicembre 2022, ndr) e il ripristino della base di calcolo piena per il Tfr», dice il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. Anche perché, secondo i calcoli della sua organizzazione, nei primi nove mesi dell’anno i primi cinque gruppi bancari hanno realizzato 16 miliardi di utili e, quindi, «i 435 euro chiesti da tutti i sindacati rappresentano una richiesta legittima e giustificata. Tanto più perché gli amministratori delegati dei primi 16 gruppi guadagnano, complessivamente, 30 milioni di euro all’anno, ossia quanto basterebbe per assumere mille giovani in banca». Non solo. «La riduzione dell’orario di lavoro e la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori nei consigli di amministrazione delle banche sono due argomenti che rivestono un’importanza fondamentale e su cui le banche devono dare una risposta chiara», aggiunge il sindacalista.

… e quelle delle aziende
La ripartenza del negoziato, a parte la tensione generata tra i sindacati dalla fuga di notizie sull’ipotesi di conclusione della trattativa, è stata positiva, anche perché il 6 novembre dal Comitato di presidenza di Abi, è arrivato il mandato pieno al presidente del Comitato affari sindacali e del lavoro, Ilaria Maria Dalla Riva e al direttore generale, Giovanni Sabatini, a trattare per fare il contratto. Le banche hanno compreso le richieste di aumento dei sindacati, ma, secondo il loro approccio, parte economica e normativa devono andare di pari passo. In altre parole la parte economica esisterà, come la rivendicano i sindacati (o quasi), là dove esisterà la parte normativa, come la rivendicano le banche (o quasi). In mezzo c’è però ancora spazio per la trattativa. Per le banche in questo rinnovo non deve mancare la flessibilità, sia sulla fungibilità che sulla mobilità. Una maggiore sinergia tra il Fondo di solidarietà e il Fondo per l’occupazione di cui servirà cambiare lo statuto, in modo da poterne utilizzare le risorse per coprire i contributi e la riduzione di stipendio dei lavoratori prossimi al prepensionamento che trasformeranno i loro contratti da full time in part time. La formazione dovrà inoltre diventare uno strumento abilitante per l’occupabilità delle persone e quindi serviranno modalità più rapide per potere avere accesso a tutte le risorse offerte dalla bilateralità del settore.

Sindacati pronti a chiudere
Di qui al 23 novembre, tenendo conto delle diverse esigenze, le banche e i sindacati dovranno trovare le convergenze per costruire la cornice del contratto dove non si può ancora dare nulla per scontato, secondo i segretari generali. Per Riccardo Colombani della First Cisl «di fondamentale importanza sarà allargare le competenze e il raggio d’azione della Cabina di regia nazionale su materie strategiche quali l’area di applicazione del contratto, anche per evitare fenomeni di dumping contrattuale all’interno del settore». Susy Esposito della Fisac Cgil sottolinea «la richiesta della riduzione dell’orario di lavoro settimanale, così come il tema di costruire norme più cogenti su temi che riteniamo essere fondamentali, quali la formazione». Fulvio Furlan della Uilca aggiunge che aspetti economici, normativi e sociali vanno considerati «in una logica complessiva che vede al centro le persone e deve avere come obiettivo, anche per le banche, il benessere lavorativo. Su quest’ultimo punto, è importante tutelare la salute del personale e risolvere il problema dello stress da lavoro correlato». Per Furlan, «si entra ora nella fase decisiva e l’ottimo stato di salute del settore fa sì che vi siano tutte le condizioni per chiudere». Positivo anche il bilancio di Emilio Contrasto di Unisin/Confsal : «Rimangono ancora distanze e punti da chiarire ma sono fiducioso nel fatto che nei prossimi incontri riusciremo a trovare delle mediazioni in grado di soddisfare le aspettative di tutti».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *