Martedì 29 luglio vertice a Palazzo Chigi con Meloni, i vice e i ministri Giorgetti, Crosetto e Foti. Sui dazi la premier raccomanda prudenza. Attenzione al rischio boomerang

Fare quadrato, evitare slabbrature, combattere il rischio boomerang dopo l’intesa Usa-Ue sui dazi al 15 per cento. Ieri Giorgia Meloni ha evitato note, dichiarazioni e uscite ufficiali. Ma, dopo la trasferta etiope, come anticipato sul Sole 24 Ore in edicola, ha riunito a Palazzo Chigi i vice Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il titolare della Difesa, Guido Crosetto (videocollegato), e il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti.

Lettera a Bruxelles: l’Italia accederà ai prestiti Safe
Il dossier sul tavolo era quello degli investimenti in difesa, in particolare il fondo europeo Safe da 150 miliardi di prestiti per rafforzare capacità industriale e tecnologica. Fondo a cui l’Italia in serata, con una lettera a Bruxelles, ha comunicato l’adesione, nonostante l’invito alla cautela arrivato a maggio da Giorgetti: accederà a 14 miliardi in cinque anni, con rimborsi che potranno essere spalmati in 45 anni. Con l’obiettivo, spiegano fonti di governo, di finanziare i programmi di difesa già pianificati nel quinquennio 2026-2030 e «alleggerire il bilancio dello Stato ricomprendendo buona parte delle spese della difesa sul programma Safe».

In tutto 18 Paesi hanno chiesto l’accesso al fondo
Sono in tutto 18, ha fatto sapere con soddisfazione la Commissione Ue, i Paesi che hanno inoltrato richiesta di accesso al fondo, pilastro del programma Readiness 2030 (ex Rearm Eu): oltre all’Italia, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Finlandia.

M5S e Avs sulle barricate: «Vergognoso, Meloni venga in Aula»
Sin dal mattino il M5S di Giuseppe Conte è partito lancia in resta contro la decisione del governo. «Vergognoso, lo hanno fatto di notte, all’ultimo giorno utile per fare richiesta alla loro amica Von der Leyen: ci opporremo con tutte le nostre forze a questa politica con l’elmetto in testa, che taglia il welfare per finanziare la guerra», ha tuonato la vicepresidente del Movimento, Chiara Appendino, mentre  il deputato Arnaldo Lomuti ha chiesto che la premier venga subito a riferire in Aula. Stessa richiesta avanzata da Marco Grimaldi (Avs). «Con questa mossa – ha osservato il presidente dei senatori pentastellati, Stefano Patuanelli – non creeranno alcun tesoretto per la legge di bilancio, visto che sempre Meloni ha firmato il 5% degli investimenti in difesa in ambito Nato, i quali si sommano alle regole del Patto di stabilità, sempre votato da Meloni, ormai considerato da tutti gli analisti un cappio al collo sugli investimenti produttivi e sociali».

Dazi, la premier predica prudenza
La testa e i timori del governo restano comunque ai dazi. In attesa dell’intesa quadro definitiva e, soprattutto, del successivo accordo giuridicamente vincolante che ogni Paese dovrà impegnarsi a rispettare, la premier predica prudenza. Lo farà anche oggi in Consiglio dei ministri. Non ha intenzione di restare isolata in Europa, dopo che persino il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha preso le distanze dal patto. Contatti e telefonate con le altre cancellerie sono stati continui, così come lo sguardo ai mercati e allo spread.
Le preoccupazioni e le proposte del presidente degli industriali, Emanuele Orsini, non lasciano la presidente del Consiglio indifferente. Ieri a incaricarsi di rassicurare le imprese ci ha pensato il ministro Adolfo Urso, che ha presieduto al Mimit la riunione del Comitato interministeriale per l’attrazione degli investimenti esteri con i colleghi Tajani e Giorgetti, ricordando che nel 2024 «l’Italia ha registrato un record storico in Europa per gli investimenti esteri greenfield, con 35 miliardi di euro: più di Germania e Francia» e che «gli Stati Uniti si confermano il primo investitore non europeo in Italia». «Questo è il momento di far pesare le nostre ragioni», ha detto Urso, per declinare l’accordo di Turnberry «nei vari comparti e renderlo equo e sostenibile. Metteremo in campo il massimo sforzo a tutela del Made in Italy: dalla componentistica auto alla farmaceutica, dalla microelettronica alla meccanica, dai vini all’agroalimentare».

Prima battersi per le esenzioni, poi si decidono gli aiuti
Questa è la promessa dell’esecutivo: prima battersi sulla lista delle esenzioni, poi studiare gli aiuti ai settori che risulteranno più esposti. A proposito dei 25 miliardi promessi dal governo sin da aprile come risultato della rimodulazione di fondi tra Pnrr e Coesione (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), Foti ha definito non a caso impossibile, a oggi, «prospettare una rimodulazione coerente del Pnrr».

Opposizioni all’attacco sui dazi, ma anche la Lega contro l’Ue
Nel frattempo, in Senato le opposizioni compatte hanno chiesto un’informativa urgente di Meloni e attaccato l’Europa debole, su cui la Lega si accoda, quasi un avviso agli alleati. «Se ci sarà una mozione di sfiducia, la voteremo», assicura il capogruppo Massimiliano Romeo. E Salvini, rivendicando la coerenza nel non aver «mai votato Von der Leyen», rincara: «È evidente che ci sia qualcosa e qualcuno da cambiare a Bruxelles». Attaccare l’Europa, per il Carroccio, è più facile che attaccare Trump. È invece il presidente del Senato, Ignazio La Russa (Fdi), ad allontanare l’icona: il tycoon, dice alla cerimonia del Ventaglio, «non è mai stato un punto di riferimento per la destra europea». Questo è il clima in cui dovrà maturare anche l’intesa nel centrodestra sulle regionali. Oggi un nuovo vertice dei leader non è in agenda, ma non si può escludere. Si naviga a vista.

A.N.D.E.
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