La Bce, per la prima volta in quasi cinque anni, ha abbassato i tassi di interesse nell’eurozona. Decisione ampiamente prevista, ma non ovvia. Le riforme necessarie in Europa

La Banca centrale europea ieri, per la prima volta in quasi cinque anni, ha abbassato i tassi di interesse nell’eurozona. Decisione ampiamente prevista, ma non ovvia. La presidente, Christine Lagarde, ha ricordato che le decisioni della Banca hanno contribuito in soli 20 mesi ad abbassare l’inflazione dal picco di oltre il 10 per cento raggiunto nell’ottobre del 2022.Ma l’obiettivo del 2 per cento non è ancora stato del tutto raggiunto: l’inflazione nell’eurozona era in maggio al 2,6 per cento e molti contratti negoziati o in corso di negoziazione incorporano, in alcuni Paesi e in particolar modo in Germania, un aumento dei salari ancora superiore al 2 per cento. In queste condizioni la proposta di Christine Lagarde di abbassare i tassi è prova che si è convinta che l’inflazione degli ultimi due anni fu un evento straordinario, effetto, quanto meno in Europa, e diversamente dagli Stati Uniti, dell’invasione russa dell’Ucraina e del conseguente aumento del prezzo del gas da 20 a 300 euro per chilowattora. Un episodio straordinario le cui conseguenze si sono in parte spente da sole, quando il prezzo del gas è sceso, in parte sono state annullate dall’Bce.
La decisione di ieri deve molto alla pazienza e alla tenacia di Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia, che si è battuto per convincere i suoi colleghi nel Consiglio della Bce che quell’inflazione fosse, appunto, un evento straordinario, da spegnere senza creare una recessione; peraltro in linea con i suoi due predecessori, Ignazio Visco e Mario Draghi.
Tuttavia, a mio parere, ancora più rilevante, è quanto detto dal governatore Panetta il 31 maggio nelle sue Considerazioni Finali. È ormai evidente che le sfide dalle quali dipende il futuro del nostro continente hanno orizzonti molto più ampi della politica monetaria e assumono dimensioni tali che nessun Paese, neppure la Germania, può pensare di affrontare da solo: la difesa dell’Europa può essere solo difesa comune; così come, la transizione verde richiede lo spostamento e la riqualificazione di milioni di lavoratori per facilitarne l’impiego in altre attività, tutelando quanti dovranno affrontare costi di adattamento importanti. Infine gli Stati Uniti hanno chiarito in modo definitivo che avrebbero contribuito alla liberazione dell’Ucraina, ma non alla sua ricostruzione (la Banca mondiale stima per la ricostruzione fino a 500 miliardi di dollari.).
È difficile prevedere quanto tutto questo insieme possa costare: alcuni suggeriscono per l’Ue una cifra non lontana dai mille miliardi di euro, un cifra enorme, ma non inferiore al costo previsto dal piano Biden per la riconversione dell’economia americana. La risposta per l’Europa può essere solo un debito comune, uno strumento che fu approvato da tutti, nonostante la diversità delle politiche interne adottate, quando era evidente che serviva uno sforzo comune straordinario per arrestare la diffusione del Covid.
Rivolto all’Italia il governatore Panetta ha ricordato che il declino demografico in atto non può essere invertito in tempi brevi: per riprendere a crescere stabilmente è quindi necessario far ripartire la produttività, investendo in tecnologia e capitale umano, cioè istruzione. E a questo proposito, ponendo fine ad una polemica solo italiana, ha affermato che «Il Pnrr impegna l’Italia ad attuare riforme, e fornisce cospicue risorse per l’ammodernamento del sistema produttivo e della Pubblica amministrazione: secondo elaborazioni della Banca d’Italia, 16 miliardi per la digitalizzazione, 19 per la ricerca e l’innovazione, 33 per le infrastrutture di trasporto e 17 per gli investimenti delle imprese. La piena attuazione degli investimenti e delle riforme previste dal Pnrr — oltre a innalzare il prodotto di oltre 2 punti percentuali nel breve termine — avrebbe effetti duraturi sulla crescita dovuti a incrementi di produttività stimabili tra 3 e 6 punti percentuali in un decennio».
Il debito comune non è una semplice operazione finanziaria. È mettersi insieme per realizzare ciò che è necessario, ma da soli non si riesce a fare. È l’embrione di un bilancio condiviso che mostri al mondo che il processo di costruzione dell‘Europa non si è fermato. Anzi prosegue affinché la solidità possa contribuire a quella stabilità che dalla crisi del 2008 il mondo sta cercando.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *