L’ufficio del ministro dell’Economia, Robert Habeck, ha corretto le previsioni di crescita per il 2024, portandole allo 0,3%

Piano piano, in modo così sommesso da passare sottotraccia, la Germania sta lanciando piccoli segnali di ripresa. Minimi, quanto basta però per invertire quella che sembrava una condanna all’immobilità e forse alla seconda recessione in due anni. L’ufficio del ministro dell’Economia, Robert Habeck, ha corretto le previsioni di crescita per il 2024, portandole allo 0,3%. Sarà poco, però dopo il 2023 chiuso in contrazione (-0,3%), dopo l’inverno degli scioperi e dello scontento, è una buona notizia. Abbinato al barometro Ifo, che misura gli umori delle aziende ed è in crescita da due mesi — farebbe sorridere una finestra così stretta, se non fosse un sollievo — può indurre un timido ottimismo. Come i segnali in arrivo dalla Bce, che a giugno potrebbe abbassare i tassi. Insomma, qualcosa si sta aggiustando in Germania. I prezzi dell’energia sono scesi ai minimi dall’inizio della guerra in Ucraina, l’inflazione è allo 2,4% e tutto fa sperare (se Christine Lagarde darà una mano) che i tedeschi possano spendere un po’ di più. Habeck, non contento, suona l’allarme. Avverte che la competitività è bassa e senza investimenti il «Made in Germany» non terrà il passo con il mondo più avanzato. Ma viene anche da pensare – ogni volta che si agita l’immagine della Germania «grande malato d’Europa», come negli anni 2000 – che non bisogna mai sottovalutare la sua resilienza. È ancora, fatti salvi quattro Stati di lingua inglese (Australia, Usa, Regno Unito e Canada), il Paese che attira più lavoratori stranieri al mondo.

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