Riccardo Magi: “Non può essere Macron a lanciare iniziative, ma una voce comune”. Nicola Fratoianni: “Una risposta della Nato aprirebbe a un conflitto mondiale”

Un intervento diretto della Nato nel conflitto in Ucraina, contro la Russia? Il Regno Unito — a capo di una coalizione composta da Polonia, Olanda e Paesi baltici — ma anche la Francia premono per una risposta più forte a Vladimir Putin. Da destra a sinistra la politica italiana è invece pressoché unanime, almeno per ora: non se ne parla. «Anche solo evocare una possibilità del genere, in questo momento, è pericolosissimo. Piuttosto, armiamoci di buonsenso per obbligare Putin, magari attraverso Cina o Turchia, a sedersi ad un tavolo e capire quale può essere la linea di caduta», dice il forzista Giorgo Mulè, vicepresidente della Camera e sempre stato molto netto nel difendere le ragioni di Kiev e la necessità di darle un aiuto anche militare. «In due anni siamo passati dalle forniture di elmetti alla barriere anti-missile, a dimostrazione del sostegno italiano, ma non è assolutamente possibile entrare in Ucraina con i nostri soldati», avvisa. Va detto che sono considerazioni condivise anche dal ministro della Difesa Guido Crosetto e che sul punto la Lega, che si è riscoperta “pacifista” con l’aggressione di Mosca, da settimane sta montando una campagna anti-Macron, il primo ad aver parlato di un coinvolgimento in chiaro dell’Alleanza atlantica.
Un altro insospettabile pro-Ucraina è il leader di Azione Carlo Calenda, il quale però ricorda che «non possiamo mandare truppe in guerra senza un attacco a un paese della Nato, come previsto dall’articolo 5 dell’accordo fra Paesi che ne fanno parte. Quella di Emmanuel Macron è una discussione oziosa che sta danneggiando l’Ucraina. La strada da perseguire è fatta di deterrenza e contenimento, è così che abbiamo vinto la guerra fredda». Il segretario di +Europa Riccardo Magi ragiona: «È necessario un vero coordinamento non solo dei paesi che appartengono alla Nato, ma anche tra gli Stati dell’Unione europea. Le istituzioni e i paesi europei devono intensificare gli aiuti a Kiev proprio per evitare qualsiasi intervento diretto. Non dovrebbe essere Macron singolarmente a lanciare iniziative, ma una voce comune europea che possa dare una linea chiara alla nostra politica estera e di difesa».
Nel Pd, com’è noto, ci sono due linee rispetto alla guerra in corso. Una preme da sempre per un pieno sostegno bellico per la vittoria militare ucraina. «Tutto quello che va nella direzione di un sostegno concreto, serio, urgente e anche militare verso l’Ucraina è sacrosanto, una priorità per l’Italia e per l’Europa. E lo dico da democratico», è la posizione di Filippo Sensi. La maggioranza che sostiene Elly Schlein, e lo dimostrano alcune candidature di peso per le Europee come Cecilia Strada e Marco Tarquinio che sono contrarie anche all’invio di armi tout-court, pensa invece che occorra cambiare registro. «Le ipotesi della Nato di una risposta coordinata alla Russia? La nostra costituzione dice che l’Italia ripudia la guerra…», commenta Arturo Scotto.
Uno dei vicepresidenti del M5S, Riccardo Ricciardi, spiega: «Siamo alla follia. O ci fermiamo o il baratro è dietro l’angolo. L’Italia dovrebbe e potrebbe essere la prima nazione occidentale a farsi capofila di un’iniziativa di pace». Sulla stessa linea d’onda Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana (Alleanza verdi sinistra), unico partito in Parlamento che anche nella scorsa legislatura votò contro alle forniture di armi per l’Ucraina, in linea con la propria sensibilità pacifista: «Una risposta della Nato significherebbe l’avvio di un conflitto potenzialmente mondiale. Due anni di guerra e migliaia di morti ci dimostrano che serve più che mai una convinta azione diplomatica e non soffiare ulteriormente sul fuoco, noi siamo e saremo sempre impegnati a lavorare per la pace, in Italia e in Europa».

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