Il meccanismo che mira alle riserve di Mosca: dal 2 aprile milioni di persone potranno collegarsi in Rete e depositare una richiesta di indennizzo per danni. L’avvocato di Kiev che gestisce l’ente, Markiyan Kliuchkovskyi: «La Russia ha il dovere legale di pagare»

C’è un piccolo ufficio in affitto all’Aia, a due passi dal palazzo finto-rinascimentale della Corte internazionale di giustizia, dove ormai tutto è pronto. Ci lavora un avvocato 40enne di Kiev, Markiyan Kliuchkovskyi, con quattro o cinque colleghi che tra pochi giorni entreranno nella fase febbrile della loro missione: martedì si apre la raccolta digitale delle richieste di danni alla Russia da parte di singoli cittadini ucraini, di imprese o altre organizzazioni e da parte dello Stato colpito dall’aggressione di Mosca; il punto di arrivo potrebbe essere la confisca, su basi perfettamente legali, delle riserve sovrane russe intrappolate in Occidente per varie centinaia di miliardi di dollari.
Dal 2 aprile milioni di persone in Ucraina potranno collegarsi in rete e depositare una richiesta di indennizzo per danni da parte della Federazione russa, suddivisi in decine di categorie diverse: morte di un familiare, lavoro forzato, deportazione di bambini o di adulti, tortura o violenza sessuale, privazione dell’accesso alle cure sanitarie o alla scuola, distruzione di immobili, perdita del lavoro o dell’impresa, migrazione forzata interna o verso l’estero, danni ambientali e molti altri casi. «Le richieste supereranno quasi sicuramente la soglia dei 486 miliardi di dollari» dice Kliuchkovskyi, riferendosi alla stima delle perdite di guerra fatta fin qui dalla Banca mondiale. «Potremmo arrivare a una cifra che, secondo alcuni, sarà compresa fra i 750 e i mille miliardi di dollari: nessuno per ora può dirlo».
L’idea di creare un «Registro dei danni per l’Ucraina», come entità di diritto internazionale, è di questo avvocato formatosi a Kiev e alla Pittsburgh school of law, negli Stati Uniti. Nella prima fase della guerra Kliuchkovskyi era uno dei consiglieri di Volodymyr Zelensky, nel palazzo presidenziale. È da lì che ha contribuito a convincere i 46 Paesi del Consiglio d’Europa, più Stati Uniti, Canada e Giappone, a creare il «Registro dei danni» come emanazione diretta dell’organismo internazionale che ha sede a Strasburgo.
L’ufficio dell’Aia ora si aspetta di ricevere fra sei e otto milioni di richieste di indennizzi, basate su una risoluzione dell’assemblea generale dell’Onu del novembre 2022. La fase delicata sarà però quella successiva perché, nei disegni dei suoi architetti, dovrebbe creare la base legale per la confisca delle riserve sovrane di Mosca: in gioco è l’equivalente di oltre 300 miliardi di euro già congelati dal 2022 e oggi depositati in gran parte in Europa, per alcune decide di miliardi in Giappone e per soli cinque miliardi negli Stati Uniti. Non è un segreto che da mesi l’amministrazione americana sta spingendo sui governi europei perché decidano la confisca dei fondi russi, in modo da passarli all’Ucraina; nel vecchio continente però restano molte resistenze, perché si teme che sottrarre i fondi alla Russia senza un fondamento legale possa destabilizzare lo status dell’euro come moneta di riserva internazionale.
L’operazione, che si dipana a partire dal Registro dei danni, mira ad aggirare questo ostacolo. Kliuchkovskyi spiega che il suo ufficio all’Aia copre solo il primo passaggio, la raccolta dei reclami. Per decidere sulla loro legittimità e sancire l’esistenza di un debito della Russia verso singole persone o entità ucraine serve un «meccanismo di compensazione» internazionale, che però non può nascere dall’Onu perché Mosca opporrebbe il suo veto in Consiglio di sicurezza. I governi del Consiglio d’Europa e gli altri alleati, Stati Uniti in testa, stanno dunque lavorando a creare una «commissione» ad hoc aperta all’adesione di qualunque Paese. È da quella commissione che dovrebbe emanare l’atto di diritto internazionale in base al quale la Russia deve all’Ucraina riparazioni per centinaia di miliardi. In proposito esiste già una proposta di Daleep Singh, che da un mese è viceconsigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca con delega all’economia: i governi occidentali potrebbero prestare alcune centinaia di miliardi all’Ucraina, anticipando le riparazioni dovute, dietro la garanzia presentata da Kiev di quell’atto legale sulle riparazioni emesso dal «meccanismo di compensazione»; quindi i Paesi europei e gli altri alleati potrebbero rivalersi sulle riserve russe se Mosca — come prevedibile — si rifiuta di rimborsarli.
Non è chiaro come finirà, ma nel piccolo ufficio dell’Aia i preparativi fervono. «La Russia ha già un dovere legale di pagare le riparazioni — dice Kliuchkovskyi —. L’alternativa sarebbe sancire un precedente terribile: l’impunità totale per chi viola il diritto internazionale».

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