13 Ottobre 2024

Le pubbliche amministrazioni saranno tenute a garantire autonomia decisionale, favorire la formazione dei dipendenti pubblici, consentire un utilizzo responsabile della IA

E alla fine, dopo un iter travagliato e complesso durato tre anni, il Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale giunse al traguardo. Non è un epitaffio, ma il prologo di una nuova fase che riguarderà in particolare il mondo scientifico ed economico per lungo tempo e che metterà a dura prova anche quello giuridico perché fatta non solo di ricerca ma di diritti, di garanzie, di rischi e di sanzioni. Perché al centro di tutto c’è una tecnologia tanto efficiente quanto opaca, inquietante e seducente insieme, capace di trasformare la dimensione umana per come siamo abituati a viverla.
Il Regolamento 2024/1689 (AI Act), le cui norme acquisteranno efficacia quasi tutte tra due anni, rappresenta una disciplina importante per avere una IA antropocentrica e affidabile, che non danneggi la salute, la sicurezza e i diritti fondamentali. Il regolamento adotta un approccio risk based e cioè considera e introduce adempimenti in base ai rischi possibili, individuati in minimi, moderati, alti e inaccettabili. Più elevato è il rischio maggiori saranno gli obblighi per i fornitori e gli utilizzatori di intelligenza artificiale.
Sul fronte pubbliche amministrazioni e tutela degli interessi dei cittadini, tre sono le norme importanti e altamente sfidanti per avere un’IA effettivamente al servizio dell’uomo, per consentirne un uso etico e portare fiducia in questa tecnologia: assicurare che ci sia sorveglianza umana (art. 14), che venga garantita la trasparenza dei sistemi di IA in modo da comprenderne il funzionamento (art. 13), che sia assicurato il diritto alla spiegabilità dei singoli processi decisionali in favore degli interessati (art. 86).
Sono principi oramai molto noti, già introdotti dal Gruppo di esperti ad alto livello sull’intelligenza artificiale, istituito dalla Commissione europea nel giugno 2018 e ripresi e confermati dalla giurisprudenza amministrativa fin dal 2019 (Consiglio di Stato, sentenze nn. 2270/2019 e 8474/2019), anche se riferiti all’attività amministrativa algoritmica di prima generazione. Principi che ora toccherà rendere concreti avviando, in primis, una necessaria e massiccia campagna di alfabetizzazione delle persone che si dovranno occupare di procedure amministrative intelligenti e di assumere decisioni «informate». Trattandosi di una tecnologia tanto potente quanto «oscura», non sarà un percorso facile.
Come è evidente, anche nel caso di ricorso all’IA, la strada maestra sarà quella della trasparenza che, dopo aver superato nel tempo lo scoglio del segreto d’ufficio e aver combattuto per avere pari considerazione nel bilanciamento con la riservatezza, giunge ora al banco di prova dell’intelligenza artificiale, chiamata a traghettare le amministrazioni verso il futuro e ad assicurare ai cittadini diritti e libertà acquisite.
Le pubbliche amministrazioni saranno tenute a garantire autonomia decisionale, favorire la formazione dei dipendenti pubblici, consentire un utilizzo dell’intelligenza artificiale responsabile. Tanta roba, verrebbe da dire per usare un linguaggio moderno. Che poi si troveranno funzionari pubblici propensi a dare queste rassicurazioni, senza che si metta nel contempo mano a una riforma del pubblico impiego e del procedimento amministrativo, per assicurare una risposta al cambiamento incipiente, è tutto da vedere.
Per fare in modo che l’applicazione dell’intelligenza artificiale più performante, basata sui sistemi di machine learning, venga applicata correttamente nell’ambito dell’attività amministrativa, sarà necessario, infatti, che si guidino le amministrazioni nel complesso cammino di trasformazione che la tecnologia in questione richiede. I principi di spiegabilità, trasparenza e sorveglianza umana, finalmente racchiusi in norme a rilevanza sovranazionale, avranno bisogno di essere concretamente attuati e di tradursi in strumenti capaci di assicurare un’IA di asimoviana memoria. Il diritto alle informazioni, la motivazione del provvedimento, l’accesso ai documenti, l’accesso civico dovranno inevitabilmente vivere una nuova stagione che richiede competenza e lungimiranza. Se non ci si mette subito al lavoro, due anni non basteranno.

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