Alan Turing aveva previsto che per costruire un simulatore di un cervello umano adulto occorreva costruirne uno di un bimbo per poi addestrarlo a crescere
Esattamente 75 anni fa nasceva l’intelligenza artificiale. Era l’ottobre del 1950 quando Alan Turing, disgrafico e fino a 15 anni considerato uno studente senza qualità, cresciuto da piccolissimo perlopiù in Italia, pubblicava sulla rivista Mind un articolo destinato a cambiare prospettiva alla tecnologia. Iniziava con la domanda del secolo: le macchine possono pensare? Ancora oggi combattiamo con le conseguenze antropologiche di quel quesito, senza contare che la propaganda e una quota elevata di ignoranza sull’argomento abbiano spostato verso le cosmicomiche il tema, scomodando addirittura la coscienza.
L’articolo andrebbe riletto perché lo stesso Turing rispondeva che le macchine non possono «pensare» come pensiamo noi. Ma allo stesso tempo possono arrivare al traguardo della conclusione seguendo altre strade e percorsi (per questo aveva creato il gioco dell’imitazione, oggi test di Turing). A proposito di intelligenza i 75 anni dell’AI andrebbero usati per sdoganare definitivamente Turing nel pantheon dei geni. Fu sempre il matematico inglese a risolvere il vero dilemma delle macchine: se è troppo complesso costruire un simulatore di un cervello umano adulto perché non costruire il cervello di un bimbo che possa essere cresciuto? Anche il concetto di «addestramento» è suo. «Le macchine potranno parlare tra di loro per aguzzare il proprio insegno», scriveva Turing nei suoi diari. In effetti il bimbo è cresciuto: nel 2024 ha ricevuto due premi Nobel. Non c’è nessuna coscienza dietro i suoi algoritmi ma c’è molta scienza, umana. Forse non capiremo mai quanto fosse geniale: in un breve periodo della sua vita si invaghì anche della biologia e rispose a un quesito che ci trasciniamo da oltre ottocento anni e cioè da quando il Fibonacci intuì che ci poteva essere uno schema ricorsivo dietro alcune serie usate dalla natura nei conigli o nelle spirali delle chiocciole (i famosi numeri del Fibonacci).
Senza considerare il suo apporto per decriptare i messaggi delle macchine Enigma dei nazisti. Il modo migliore per inquadrare Turing è tornare a un vecchio adagio della scienza: l’uomo era al centro dell’Universo quando arrivò la prima cattiva notizia di Copernico. L’umanità si rifugiò nella natura ma arrivò Darwin. Scappò nella mente ma arrivò Freud. Fino a qui il copyright è dello stesso Freud. Luciano Floridi ha aggiunto la quarta cattiva notizia. Siamo padroni della tecnologia! Fino a quando Turing non ha introdotto gli algoritmi nella nostra vita.
