La riforma della coesione. Ne faranno parte i ministri dei settori strategici. Al Dipartimento di Palazzo Chigi le priorità indicate da ministeri e Regioni

Arriva finalmente oggi in Consiglio dei ministri la riforma della politica di coesione del ministro Raffaele Fitto. Inserita come “milestone” nel Pnrr, quindi indispensabile per sbloccare la prossima rata, promette di dare una svolta all’attuazione e alla spesa dei fondi strutturali, possibilmente senza provocare ulteriori ritardi o creare nuovi colli di bottiglia. Dovrà in ogni caso passare al vaglio della Commissione europea.
Lo sforzo principale della riforma è coordinare e rendere sinergici gli investimenti di ministeri e regioni finanziati dalle diverse risorse europee, fondi strutturali e Pnrr, e quelli invece finanziati dal Fondo sviluppo e coesione nazionale (Fsc). Il fulcro di questo coordinamento sarà la nuova cabina di regia di cui faranno parte i ministri dei settori strategici indicati dal decreto (risorse idriche; infrastrutture per il rischio idrogeologico e la protezione dell’ambiente; rifiuti; trasporti e mobilità sostenibile; energia; sostegno allo sviluppo e all’attrattività delle imprese, anche per le transizioni digitale e verde).
Alla cabina di regia va anche il compito di verificare il monitoraggio dei risultati effettuato dal Dipartimento per le politiche di coesione (Dpcoe) e quello di definire le priorità della piattaforma Step per la competitività dei settori industriali considerati strategici a livello Ue e per i quali la Ue prevede il “concorso” del sostegno dei programmi della politica di coesione.
Entro tre mesi dalla conversione in legge del decreto, dunque in autunno, ministeri, regioni e province autonome dovranno trasmettere al Dpcoe l’elenco degli interventi prioritari per ciascuno dei sei settori strategici indicati dal decreto, con cronoprogrammi, finanziamenti, obiettivi intermedi e finali.

Al Dipartimento tanti compiti ma zero risorse
Al Dpcoe, che «avrà funzioni di supporto organizzativo e tecnico» alla Cabina di regia, è affidato anche il «monitoraggio rafforzato degli interventi prioritari» che si baserà su relazioni semestrali. Regioni e ministeri dovranno inviarle a febbraio e ad agosto. Un ruolo impegnativo, dal momento che saranno assicurati dal Dipartimento «nei limiti delle risorse umane e strumentali disponibili (…) e senza nuovi o maggiori oneri a carico dalla finanza pubblica».
La riforma interviene sul rafforzamento della capacità amministrativa, facendo ricorso alle risorse del programma nazionale Capacità per la coesione 2021-2027 (quasi 1,3 miliardi di euro), voluto e cofinanziato dalla Commissione europea e che prevede l’assunzione di qualche migliaio di funzionari nelle amministrazioni che gestiscono fondi europei, ma solo con contratti fino a dicembre 2026.

Previsti anche meccanismi di premialità ma anche la richiesta al governo di poteri sostitutivi nei casi in cui l’inerzia delle amministrazioni rischi di portare al disimpegno delle risorse europee. Il testo amplia la possibilità di utilizzare le risorse del Fsc per il cofinanziamento dei programmi europei (Fesr e Fse+).

Torna il fondo perequativo per le infrastrutture al Sud
Quanto alla piattaforma Step, nel ricordare che tutti i programmi nazionali e regionali possono essere rivisti entro fine agosto prossimo o in seconda battuta entro marzo 2025, la bozza del decreto destina 300 milioni del pon Ricerca e innovazione a progetti di investimento tra i 5 e i 20 milioni nei seguenti settori: digitale e deep-tech, tecnologie pulite, incluse quelle a zero emissioni nette, biotecnologie compresi i medicinali.
Da segnalare infine il ripristino parziale del “Fondo perequativo infrastrutturale”, per interventi in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna relativi a strade, autostrade, ferrovie, porti, aeroporti, acquedotti, a strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche, con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2024, 140 milioni per il 2025 e di 100 milioni annui dal 2027 al 2033.

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